Si è svolta mercoledì l‘iniziativa culturale “Cento e più passi di libertà”, organizzata dalla Biblioteca comunale “Beniamino Joppolo”, per ricordare e far conoscere alle nuove generazioni la figura di Peppino Impastato nel quarantesimo anniversario della morte.
L’iniziativa, dopo l’introduzione dell’Assessore alla cultura Marzia Mancuso, e la proiezione di alcuni brani sul giornalista ucciso, è stata condotta da Emanuele Giglia che ha tracciato un’ampia disamina ricordando l’importanza del messaggio dell’eroe di Cinisi.
Ad arricchire il dibattito e a rimarcare l’importanza della Giustizia e la necessità di arricchire, con lo studio specie della storia, il bagaglio individuale sono stati, Giovanni Bucale, l’ex dirigente Antonino Musca, Carmelo Agostino, Federico Calamunci, e Salvatore Gurgone di Legambiente. I lavori infine sono stati chiusi dal sindaco Antonino Musca che ha sottolineato l’importanza, per i giovani, di esprimere sempre e comunque le loro opinioni senza lasciarsi condizionare dalla paura di sbagliare.
Alla buona riuscita hanno contribuito, oltre allo Staff della Biblioteca, i ragazzi del Servizio civile Salvatore Russo, Ilaria Pittalà, Carmelo Bonfiglio, Jessica Pintabona e Lea Tripiciano.
Per arricchire l’argomento si riportano le parole di Franca Imbergamo, PM presso la Direzione nazionale antimafia, che ha rappresentato l’accusa nel processo di primo grado per l’omicidio di Peppino Impastato, pubblicate da “Adncronos il 9 maggio 2016.” “Molti hanno seguito le orme di Peppino Impastato nella lotta alla mafia, qualcuno ha cercato, invece, di scimmiottare Impastato, diventando solo una pallida figurina lui ispirata. La cosa migliore da fare è di lasciarlo collocato nel suo ruolo storico. E’ stato un processo difficile, difficilissimo, perché bisognava superare una serie di ostacoli, dovuti alla mancanza di consenso dell’estradizione di Tanto Badalamenti e poi perché le prove raccolte fino a quell’epoca, fino a quando abbiamo ripreso in mano l’inchiesta, con l’allora capo della Procura Gian Carlo Caselli, non erano sufficienti. Avevano portato solo a due archiviazioni, e comunque la sola parola del pentito Palazzolo non era sufficiente a sostenere l’accusa in giudizio, quindi abbiamo dovuto fare una ricerca scrupolosa per trovare nuove fonti di prova e siamo riusciti a comporre un panorama indiziario che, per fortuna, è andato in porto.
Questa è stata la difficoltà principale del processo, non era un processo già scritto, come qualcuno tenta di dire adesso. Ora è facile parlare così. E’ opportuno rimettere le cose come stanno”. “D’altra parte, avevamo anche una legislazione sui collaboratori che ci consentiva di interrogarli anche su fatti successivi e diversi riferiti all’inizio della loro collaborazione”.
Impastato venne trovato morto, con il cadavere fatto a pezzi da una esplosione, a Cinisi, nello stesso giorno in venne ritrovato il corpo senza vita di Aldo Moro a Roma. L’ipotesi investigativa dei carabinieri era quella di un attentato andato male del quale Impastato, militante di Democrazia proletaria, era rimasto vittima. Il giorno in cui è stata emessa la sentenza, don Tanto Badalamenti, non ascoltò neppure il dispositivo in videoconferenza, negli Stati Uniti, dove era detenuto per un traffico di droga.” Franca Imbergamo ricorda con particolare emozione il momento della testimonianza di Felicia Impastato, l’anziana madre di Peppino Impastato, che si è sempre battuta per la ricerca della verità, nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo.
“Era un momento storico perché abbiamo assistito al riconoscimento da parte di una madre coraggio e la capacità delle istituzioni di darle una risposta .- dice il magistrato – Era commovente ed emozionante perché Felicia portava con se il dolore più grande per una donna, quello di avere ucciso un figlio. E poi c’era in collegamento dagli Stati Uniti, in video, Gaetano Badalamenti, che la osservava. Insomma, abbiamo scritto secondo me una pagina di storia, della storia della lotta alla mafia”. L’anziana donna subito dopo la condanna di Badalamenti disse: “Non ho mai perdonato Badalamenti né lo perdonerò mai, come si fa a perdonare l’uomo che ti ha ammazzato un figlio? Però una cosa la posso dire: oggi per la prima volta posso affermare di credere nella giustizia italiana”.
Franca Imbergamo ha anche qualcosa da ridire sull’antimafia ‘di facciata’: “Bisogna stare attenti a quello che si dice e si fa, ma soprattutto, a mio avviso, la cartina di tornasole del movimento antimafia non è quello che dice ma quello che fa, e soprattutto bisognerebbe avere anche la capacità di affrontare la critica senza guardare in faccia nessuno e senza creare miti o icone – spiega – Credo che il ruolo della stampa sia essenziale, deve essere cane di guardia della democrazia. E l’antimafia, nel suo piccolo rappresenta un potere”.
E sui depistaggi effettuati dagli stessi inquirenti, subito dopo l’omicidio, oggi dice: “Era il 1978 ed eravamo in un clima che ben si prestava, è stata un’opera abile di depistaggio. Impastato non era un terrorista. Vergognosi i depistaggi operati durante le indagini.
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