SINAGRA – Storie di Santi raccontante da Domenico Orifici
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SINAGRA – Storie di Santi raccontante da Domenico Orifici

copertina beato diego e santo liu
Un paese che si lega per tradizione e devozione ai suoi Santi rappresenta l’essenza della comunità, si da il senso dell’appartenenza, riscopre tradizioni, origini e consuetudini. Così il libro di Domenico Orifici, fresco di stampa, va oltre al testo , diventa il racconto di Sinagra e della sua gente. Bello da avere e da leggere. Il libro è edito da Armenio Editore di Brolo

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Ecco la prefazione scritta da don Nino Nuzzo che introduce magicamente dentro i capitoli dove Orifici, giornalista, insegnante, vecchio saggio sinagrese, e non solo anagraficamente, ci immette con il suo scrivere evocativo.
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Nel 2006, dopo tanti inviti, ho avuto la fortuna di raggiungere per un mese Perth. Avevo lasciato Sinagra dal 1952, in giro per la Sicilia per motivi di studio e sono finito prete a Tortorici, volutamente in missione.
Dal 1977 è come se il cordone ombelicale dalla perla dei Nebro di Sinagra, fosse stato tagliato definitivamente per me.
Non sono mancate occasioni e circostanze, anche qualche partecipazione alle ricorrenze patronali.
Per riscoprire tuttavia la memoria verso le proprie origini affettive, culturali e religiose, spesso bisogna verificarle fuori della valle dell’eco, così gli storici e i letterati chiamano il paese natale.
Non si possono archiviare le origini del paese di santu Liu. In Sicilia, come nel provinciale meridionale, non si possono scindere la casa e la robba, nel linguaggio verghiano, dal campanile cioè dal sacro. Dite a un palermitano o a un catanese, che non c’è Santa Rosalia o S. Agata, che, mamma santissima, ti portano a mare.

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Lo stesso vale laddove la Madonna, a Messina o a Capo d’Orlando, non è a bedda matritta, che ti cambiano i connotati.
Pensiamo al San Calogero di Sciacca, Agrigento, Naro e San Salvatore, perderebbero la loro identità.
Diciamo che i più noti Pitrè o Amari, gli storici delle feste siciliane, anche se in odore di massoneria, hanno decantato le nostre feste patronali, che, ancor oggi, sono sotto l’osservatorio pubblico e spesso polemico.
Ho ritrovato Sinagra all’altro mondo, camminando a 18 mila chilometri dû ciumi.
Se c’è una configurazione geografica in questo agglomerato di case, nel grembo della valle del Naso, è proprio quello, dove, la piazza, u campittu e il fiume accoglieva , non so come dire, l’arena: cioè il campo sportivo che ci fece sognare il calcio e il fiume che ci fece trepidare per le sue piene.
Questo nel periodo estivo diventava una sorta di spiaggia per furtivi bagni d’intrallazzo, la cattura delle anguille, e le battaglie navali. Si tornava a casa, sudati e soddisfatti delle vittorie, che riportavamo a modo nostro, con i compagni di Serro Lipari o San Marco.
La sera di Pasqua però, S. Giovanni e Santa Caterina, sostavano in piazza, per coronare la quarantena pasquale col trionfo di Gesù Risorto, e proteggere e soccorrere, insieme a S. Leone, scortato da festosi luci di apoledesmi, con canti preghiere e schiamazzi,
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Sinagra, in quel suggestivo buio che si apriva ormai alla primavera inoltrata e perciò ai raccolti, alle campagne, e alle case che si benedivano in tutte le borgate. Il problema sorgeva, solo per quelle famiglie, chissà perché forse dopo le ferite post-belliche, avevano abdicato il credo cattolico, ed erano approdate ad altre sponde.
Grande rispetto, tuttavia, ogni volta che incontravo questi figli nelle scuole pubbliche, e nessuno si allontanava dalle mie lezioni: il dialogo fa parte della mia esperienza umana e pastorale. Santu Liu, a Kalamanda, è il vero Santo pellegrino.
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Ha scritto e ha verseggiato bene Mimmo Orifici, il vecchio amico di sempre, che la Storia e liggenna, e quella lì, che pur scegliendo e rifiutando onori ed episcopato, voleva starsene, da buon benedettino a contemplare aliis tradere. Il suo fu vivere la contemplazione da eremita, pellegrinare da Ravenna alla Sicilia, per monti e per valli, sulle propaggini peloritane e nebroidee, e cercare un rifugio pregando e liberando dal maligno, dal male, dalle malattie.
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Questo correre nella storia o nell’immaginario, ci riporta al peregrinare di Gesù, in questo giubileo della Misericordia, e lui, il taumaturgo ravennate, ora Santo dei due mondi, te lo ritrovi, in quella cappella sulla ridente collina australiana, accanto all’Annunziata di Raccuia, e dei tre santi fratelli di Lentini.
Questi figli della terra mediterranea, hanno esportato, lavoro, onestà, ingegno, sudore, affetti, progresso, e per fino il sacro e il santo di cui i siciliani non possono fare a meno. Il coraggio dei sinagresi, l’umiltà e la tenacia nel quotidiano, lo slancio del cuore e dell’anima nel portare, come Enea, il meglio o la perla del paese: la religiosità di S. Leone!
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Come avrebbero fatto queste quasi 800 persone divoti i Santu Liu, che avevano trovato una seconda Sinagra senza santu Liuzzu? Il benessere e la nuova dimora non li poteva appagare, si sono detti: «Come potremmo cantare i canti del SIGNORE in terra straniera? » ( Salm. 137,4). In quella terra lontana, ho incontrato l’altra Sinagra, fra cui gli Arrigo, i Giglia, e nonne mamme e donne sinagresi che hanno onorato il paese e quel santo missionario oblato P. Nanni di origini abruzzese che sposò la causa di S. Leone.
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Ho riascoltato il vecchio accento sinarisi e rivisto quei volti ormai segnati dagli anni, dalle fatiche e dalle malattie. Mi rividi bambino vivace in compagnia di decine e decine di ragazzi ora al tramonto, e altri al cimitero sulle cui lapidi il nome più comune è Leone i quali hanno raggiunto la gioia dei santi e del nostro patrono e dei loro avi.
Il Professore Orifici, da fedele e puro sangue sinagrese, sta lasciando il meglio di sé, come docente, politico, giornalista, storico.
In questa trilussiana rima, egli onora il paese e il culto di S. Leone. Sinagra, intraprendente e ingegnosa ha dato i natali a tanti santi religiosi: carmelitani e francescani, fra questi brillano il Beato Diego e il servo di Dio p. Francesco, il primo minore e l’altro cappuccino, è una cittadina perla e religiosa .
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Sinagra: lavora, parla, prega, e canta …. Canta e Cammina.
Mimmo Orifici, conterraneo dell’illustre scrittore Beniamino Joppolo, è in sintonia con Honoré de De Balzach che aveva scritto nei suoi saggi: «parla bene del tuo paese, e il mondo sorriderà».
Questa è cultura che onora ogni uomo e cristiano.
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d. Nino Nuzzo
16 Agosto 2016

Autore:

redazione


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