Sofia Monitto, molti la ricordano come la moglie del Capitano, altri come una delle signore della “due Erre”, per qualcuno era la sorella di Domenico o la figlia dell’Appuntato che veniva da Lentini. Lei discreta, solare, senza protagonismi è stata una signora dolce, serena, discreta e che ha rappresentato, nella sua gioventù, una parte di quella “primavera” politica brolese caratterizzata dall’Unione Popolare Brolese.
E’ andata via qualche giorno fa.
Sofia era ed è rimasta fino all’ultimo giorno della sua vita la bella persona che è sempre stata, affrontando con grande dignità la malattia. Un esempio per chi ha avuto la fortuna di restarle accanto, e chi l’ha conosciuta, per i figli ed il marito con il quale ha fatto “coppia” da sempre, da giovanissimi.
A noi piace ricordarla come testimone, lei tra le più giovani, di quel movimento “rivoluzionario” soprattutto per la spinta culturale innovativa che rappresentò l’UPB, con le sorelle Ruggeri, i Calderaro, i Barnà e poi i ragazzi del Castello, sicuramente il ceto più popolare e popolano di Brolo, ed i vecchi marxisti-leninisti come Indaimo e Scarpaci, i socialisti: i Lenzo ed gli Ziino.
Rappresentarono – i giovani di quel tempo – una primavera politica brolese, fuori dagli schemi, che diventavano movimento alle elezioni, ma in grado di animare i carnevali, e in estate anche nei primi lidi di una Brolo che era senza il lungomare, nè la grande spiaggia e dove si ballava dentro i vecchi magazzini di limoni o alla “Cicala” appena costruita.
Quel periodo fu certamente caratterizzato dall’entusiasmo, di una vera crescita, di ideali veri, di confronti.
Sofia non si definiva marxista – come tante sue coetanee del tempo – perchè non lo era, ma è stata, chi lo ricorda, grazie anche ai suoi studi una delle più lucide intellettuali di quel periodo, consapevole di non dover rinnegare il meglio dell’eredità liberale e democratica che le apparteneva per famiglia. Era libertaria e garantista, difendeva sul serio gli interessi e gli ideali di una gioventù brolese che al tempo aveva la consapevolezza di poter e voler cambiare il paese. Sapeva essere di parte e mai faziosa. Peccato che quella primavera svanì con i fiori del ciliegio.
Sofia, la rammentiamo bene, sapeva anche ascoltare e sapeva farsi voler bene.
Poi le scelte dalla vita, il lavoro, la famiglia, la gioielleria.
La ricorderemo perciò così, da cronisti che affondano nei ricordi per farli affiorare nelle parole, non possiamo fare di meglio, presi da quella che chiamiamo l’emozione del distacco e della perdita irreparabile.
Un piccolo omaggio a una donna speciale che ha lasciato, lavorando per ideali, per la voglia di far un paese migliore, e che ha donato un piccolo tassello per costruire quella memoria collettiva che guarda al futuro.