Oggi far turismo con gli itinerari religiosi anche in Sicilia è una realtà. I percorsi tra fede e cultura sono la nuova frontiera di quel turismo di nicchia sempre più allargato. Al suo esordio la “Costa Saracena” ne aveva progettato uno. Rimase nel cassetto. Eccolo perchè sia patrimonio di tutti e di chi ci “crede” ancora.
Esistono oggi, vedi l'”Aurea”, apposti spazi, saloni, punti di incontro per la la presentazione a buyers italiani e stranieri di nuove proposte turistiche che uniscono il turismo religioso alla cultura ed al “ben-essere”.
Sono i nuovi percorsi della fede che servono a far scoprire bellezze architettoniche e naturalistiche. Luoghi spesso sconosciuti. Ma che sono anche lavoro, occupazione e sviluppo.
Oggi è la moda del nuovo turismo. Fa tendenza. Ci provano tutti.
Quando la Costa Saracena, nei primi ani del 2000, si assestò come struttura turistico-consortile, imparando a programmare, puntando su nuove mercati, attenzionando strategie di marketing turistico, ci aveva già pensato.
Ne aveva progettato uno.
Complesso e meraviglioso. Fluido, dinamico, con grandi potenziali anche di espandersi e per certi versi unico.
Un circuito circolare, anzi fatto e progettato a cerchi intersecanti, e mai concentrici, tra trekking, cavalli, bici… testato, disegnato, composto e punteggiato tra edicole sacre e la scoperta della “negritudine” di Santi e Madonne nebroidee.
Un progetto ambizioso che prevedeva il recupero dei casali dell’Anas, quelli abbandonati, l’utilizzo, in collaborazione con la Curia, di parrocchie e luoghi sacri per ospitare pellegrini viandanti; un passaporto da timbrare nelle varie stazioni di sosta, tra bivieri e fontane. Un percorso da vivere tutto l’anno, con la creazione di un indotto fatto da giovani “volontari”, in grado da sviluppare occupazione e economia. ( tradotto… posti di lavoro).
Quel progetto, curato da Salvo Piazza e Massimo Scaffidi, che aveva avuto il disco verde da Giancarlo Campisi, Salvo Messina, Franco Tumeo e Giovanni Princiotta, allora rappresentanti la parte più collaborativa e attenta delle amministrazioni che componevano quel consorzio turistico stava ottenendo i “visti” dell’apparato religioso, coinvolto in prima persona in questo che era il Cammino di Santiago di Compostela in versione siciliana, e l’attenzione della Politica regionale che stentò, bisogna dirlo, a comprendere in maniera immediata, la valenza di quel progetto.
Attraverso questo c’era la riscoperta di sentieri e vecchi tratturi, delle trazzere regie, delle aree punteggiate da tholos e ricoveri delle greggi ai tempi delle transumanze. Si affacciava sulle Eolie, le toccava, e voltandosi alle spalle arrivava ai piedi dell’Etna.
Un progetto non solo fatto di camminane, ma passo dopo passo, costruiva un mondo di gadget, di felpe e maglie, di turismo e “immagine”.
La forza della “circolarità” dei percorsi progettati, li rendeva agevoli per tutti, comprensivi di più esigenze, e questi tracciati potevano completarsi, seguendo anche i tempi delle stagioni e delle tradizioni religiose-popolari in un arco di tempo flessibile.
Quel progetto è rimasto nel cassetto, arenandosi con la miopia politica di chi decretò la fine del Consorzio, ma oggi con il fenomeno del turismo religioso in grande crescita, guardando proprio al Cammino di Santiago di Compostela in Spagna, che richiama milioni di pellegrini, turisti, giovani, e della via Francigena, che si sta ampliando anche in Sicilia, ci si chiede perchè non rispolverarlo?
Farlo diventare un progetto di tutti. Metterlo in comune?
Quel progetto non è un brevetto.
In Sicilia ci sono 13 progetti di itinerari di turismo religioso alcuni già finanziati che puntano verso vacanze ispirate alla religione e alla natura per un turismo sempre più vario e destagionalizzato.
Un “focus” che stimola i mercati di vari Paesi, dalla Germania alla Polonia, dalla Svezia alla Svizzera, specializzati sul turismo religioso e su quello naturalistico, che in Sicilia vede i suoi itinerari religiosi e naturalistici che si incrociano naturalmente con quelli culturali e che potrebbero far tappa nei conventi, nelle chiese, nei musei in quelli che l’assessorato al turismo chiama gli “Itinerari di fede”.
Ecco partire da questi. Spetterebbe alla nuova “politica” proporre un vecchio ma valido progetto.
Rispolverarlo non solo attraverso segnaletica, brochure, video, siti internet e facebook ma concretamente, tramutando le nostre feste religiose, quelle quasi pagane o barocche, che hanno una grandissima attrattiva turistica, in economia, tra fede, storia, cultura, tradizione popolare, gli elementi che affascinano i turisti e che offrono un’altra occasione di destagionalizzare i flussi.
Gli itinerari che contamo per la Regione Siciliana al momento sono La festa di S. Agata (Catania); Il cammino di fede di S. Alfio (Messina, Taormina, S. Alfio, Trecastagni e Lentini); La festa di S. Lucia (Siracusa); Il cammino di fede di S. Rosalia (Palermo); La festa di S. Calogero (Agrigento); le Settimane Sante di Trapani, Enna e Caltanissetta; La vara di Messina; Le feste di S. Giorgio e S. Giovanni (Ragusa) e poi per quanto riguarda il turismo religioso i progetti prevedono la riscoperta delle Vie francigene regionali.
Poi c’è un percorso collegato alla Madonna Nera di Tindari, «con una particolare attenzione al turismo cosiddetto “di radice” attraverso contatti con le associazioni di emigrati italiani all’estero»; un itinerario si muove sulle orme del “Venerabile servo di Dio” don Francesco Paolo Gravina principe di Palagonia tra villa dei mostri di Bagheria e le località in cui sono presenti testimonianze della sua vita e delle sue opere; e ancora la riscoperta degli antichi cammini francescani in Sicilia; un itinerario turistico-religioso tra l’Etna e Caltagirone, “Sicilia tra sacro e tradizioni”, che tocca Catania, Pedara, l’Etna, Piazza Armerina, Caltagirone, e che prevede la fruizione di beni religiosi anche in chiave turistico-ricettiva, con i pernottamenti alla “Casa San Tommaso” di Linguaglossa e a Villa Sturzo.
Ed ancora a Caltagirone un itinerario che, oltre al Museo della ceramica, ha un elemento di eccellenza nel Museo diocesano di Caltagirone – che ospita anche una tavola fiamminga del XV secolo, ora in restauro – città dove vengono proposti tre itinerari: quello sturziano, quello francescano e quello barocco.
Ma sono itinerari che non consentono “il viaggio”, come quello previsto dal progetto della Costa Saracena.
Ed i Nebrodi?
Quel progetto è lì… destinato ancora agli operatori pubblici più sensibili, attenti, recettivi.
Questo era la Costa Saracena che in quel contesto aveva pensato anche ad una Borsa del Turismo Religioso, indicandone la sede in Villa Piccolo a Capo d’Orlando, nata proprio per vendere in primis questi “percorsi”.
Un modo per chiudere un altro cerchio.
Forse in anticipo sui tempi.
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