Intervento dell’on. Stefania Marino al Convegno di Messina sull’Autonomia differenziata.
assenza di qualsiasi propedeutica interlocuzione con la Conferenza Stato-Regioni
“Agli organizzatori di questo incontro va rivolto un plauso per aver individuato un tema quanto mai attuale e che non consente la benché minima distrazione o, peggio ancora, un possibile rischio di disinformazione sul territorio, per gli irreparabili danni che potrebbero derivare da un mancato intervento correttivo alle azioni sin qui attuate da questo Governo, che sta affrontando il tema dell’autonomia differenziata con un modus operandi che lascia davvero basito ogni lettore.
Un disegno di legge preparato dal Governo in assenza di qualsiasi propedeutica interlocuzione con la Conferenza Stato-Regioni e il cui testo evidenzia la chiara volontà di relegare il Parlamento a mero spettatore, impotente davanti alle scelte nefaste di una coalizione politica che, di certo, non ha mai apprezzato e tenuto nella giusta considerazione il Mezzogiorno.
Assistiamo alla materiale realizzazione di un più che noto e largamente anticipato tentativo delle destre italiane di lasciare il sud indietro.
D’altra parte, il ministro Salvini e i suoi cori da stadio, avallati da tutti i suoi colleghi di partito, avevano anticipato di molti anni l’avversione nei confronti del sud.
Ma noi, fieri del nostro accento meridionale, siamo qui a ricordare al ministro Salvini che l’Italia è una e non si spezza.
E lo vogliamo ricordare, anche, al ministro Calderoli, noto, come tutti ricorderanno, per aver elaborato in precedenza un altro capolavoro, la legge elettorale soprannominata, forse non a caso, porcellum.
Lo scopo unico della riforma è chiaramente e facilmente intuibile; continuare a fare crescere le Regioni già ricche, dimenticandosi dell’esistenza di altre Regioni che, per un motivo o per un altro, sono storicamente rimaste indietro nel quadro repubblicano.
Insomma, un disegno di legge che tradisce tutte le intenzioni dei nostri costituenti, che dimentica il principio essenziale della sussidiarietà, che è stata pensata come metodo organizzativo che pare voglia sconfessare la necessaria continuità territoriale del nostro Stato. Uno Stato, l’Italia, che non è federale, non per mero capriccio di qualcuno bensì per una scelta specifica e ponderata.
Alle molteplici osservazioni e critiche mosse dalle opposizioni tutte il Governo risponde di voler perseguire un unico scopo: consentire una “sana competizione tra Regioni”.
Dimentica questo Governo, fa finta di dimenticare, che la nostra Costituzione non basa la propria esistenza sul concetto di competizione tra cittadini e tra enti territoriali e regionali, ma privilegia l’attività di gestione dei territori incentrata sui principi di solidarietà e perequazione.
Per comprendere quanto deleteria per lo Stato italiano può risultare un’autonomia differenziata basta leggere velocemente ciò che accade ed è accaduto in materia di Sanità.
Servizi sanitari che già con la situazione attuale sono eterogenei e discontinui sul territorio nazionale.
Proviamo a immaginare cosa potrebbe succedere se questa eterogeneità, anziché subire un ridimensionamento come ci si aspetterebbe, dovesse essere acuita o addirittura incoraggiata da scelte politiche del Governo, operate nonostante l’esperienza dolorosa e persino drammatica della recente pandemia, che ha dimostrato, principalmente in Lombardia, Regione guidata proprio dal centrodestra, come l’autonomia differenziata delle Regioni in ambito sanitario sia stata assolutamente inadeguata ad affrontare il Covid-19.
Immaginiamo, ancora, che le differenze che già si registrano per il settore sanitario risultino incoraggiate sulla base di un darwinismo politico secondo il quale chi ha i soldi sopravvive e gli altri vengono lasciati annegare.
Applichiamo quest’approccio a TUTTI i settori e il prodotto finale non può che essere chiaro e lampante a tutti noi.
Un darwinismo politico che spinge cittadini ed enti politici e amministrativi a fare a gara per le risorse: chi perde la gara viene abbandonato e perde tutto, perde i propri diritti, la possibilità di curarsi, la possibilità di fruire di tutti i servizi essenziali che vanno dal trasporto pubblico alle università.
Tutto questo, senza la minima presa di responsabilità.
La destra dimentica, infatti, che molti dei problemi che i cittadini oggi si trovano ad affrontare, anche nelle zone meno abbienti del paese, sono causati proprio da questo genere di politica.
E la politica governativa che fa? Anziché assumersi la responsabilità di quello che sta succedendo, cercando di risolverlo, fa all-in in senso contrario, trasformando la frattura del paese in una voragine che rischia di diventare insanabile.
Che cosa fa in merito la Premier?
Dimentica persino l’insegnamento dell’uomo che dovrebbe aver ispirato la sua azione politica: lo stesso Almirante, di cui nulla condivido in ambito politico, in un suo celeberrimo intervento alla Camera dei Deputati disse che l’idea di un’autonomia differenziata fosse inaccettabile.
A questo Presidente non chiediamo di dare ascolto alla sinistra ma, almeno, di evitare di contraddire persino i suoi stessi maestri politici.
Le conseguenze di simili legislativi sono evidenti a tutti e non è altro che lo specchio di una politica di destra che negli ultimi decenni non fa che tentare di creare una conflittualità tra cittadini.
Abbiamo assistito al generarsi di conflitti tra ricchi e poveri, tra italiani e non italiani, tra categorie discriminate e non discriminate. Abbiamo assistito all’esaltazione da parte di alcuni soggetti della maggioranza di svastiche e all’elogio di Putin durante varie riunioni, adesso assistiamo alla volontà di creare un nuovo conflitto: quello intestino tra cittadini di alcune Regioni e cittadini di altre.
Entrando un po’ più nel dettaglio tecnico, deve rilevarsi come:
- il comma 2 dell’articolo 1 del ddl in questione chiarisce che per l’applicazione del disegno è necessario che le regioni rispettino dei livelli essenziali di prestazioni. In buona sostanza, servizi e diritti minimi che devono essere erogati, in modo identico, in tutto il territorio dello Stato; sarebbe una bellissima disposizione se non fosse che poi, all’articolo 3, troviamo che tali livelli di prestazioni dovranno essere individuati da una commissione tecnica, che dovrà stabilirli entro brevissimi sei mesi; in mancanza sarà il Presidente del Consiglio ad avocare a sé il potere di nominare un commissario di sua fiducia, che dovrà completare le operazioni entro trenta giorni; in sostanza, verranno decisi a livello Governativo senza alcuna possibilità di intervento da parte del parlamento.
- non sfugge a noi tutti che i pochi livelli essenziali di prestazione già previsti sono stati introdotti attraverso atti governativi: anche in questo, il disegno di legge mostra fortissima contraddizione con l’articolo 117 della Costituzione che, alla lettera m, attribuisce al Parlamento il compito di individuarli;
- È detto, inoltre, che le Regioni avranno la possibilità di trattenere le tasse dei residenti. In buona sostanza, chi matura reddito in una regione non pagherà lì le tasse bensì nella regione in cui è residente. Quale sarà il risultato? Chi potrà permettersi più case avrà la residenza nella regione con il gettito più basso, potendo quindi pagare meno tasse rispetto a chi non può permettersi una seconda casa in cui prendere una residenza di comodo.
- Inoltre, se fino ad oggi era previsto che lo Stato suddividesse i fondi tra le regioni sulla base degli effettivi fabbisogni di queste, oggi invece viene previsto che la suddivisione debba essere fatta sulla base della effettiva capacità fiscale degli abitanti. Risultato? Chi ha più soldi ha diritto a più fondi. Anche qui potrei rilevare un palese contrasto con l’articolo 119 della costituzione che, invece, richiede che i fondi vengano distribuiti con scopo perequativo per i territori con minore capacità contributiva.
Potrei continuare ancora per molto a elencare tutte le problematiche di questa disciplina. Ad esempio, in materia d’istruzione semplificando potrei chiedermi: se l’istruzione fosse affidata alla completa discrezionalità delle regioni, che quindi potrebbero creare dei programmi completamente diversi tra loro, cosa succederebbe a un ragazzo che avesse la necessità di trasferirsi da una regione all’altra?
Insomma, non c’è molto altro da aggiungere: le conseguenze di questo disegno di legge si prospettano come nefaste ma possono benissimo essere anticipate.
Mi dispiace molto, però, che i presidenti delle Regioni del sud appartenenti a partiti di centro-destra non stiano dicendo nulla in merito. E’ necessario rammentare a loro che la politica si fa a favore del cittadino, ed è evidente a tutti che i nostri cittadini soffrirebbero molto di questa riforma. Mantenere il consenso del proprio partito è forse più importante che pretendere giustizia nei confronti dei propri cittadini?
Evidentemente per alcuni sì”.