Il 9 ottobre 1967, in una sperduta scuola di La Higuera, in Bolivia, Ernesto “Che” Guevara veniva ucciso, ponendo fine alla sua vita e dando inizio a un mito senza tempo. Guevara, guerrigliero argentino, medico, scrittore e rivoluzionario, era un uomo che incarnava le speranze di libertà e giustizia di molti popoli oppressi.
Che Guevara, l’ultimo Don Chisciotte
La sua morte scosse il mondo, provocando reazioni che andavano ben oltre l’ambito della politica e della rivoluzione armata. Tra coloro che ne sottolinearono la portata, il generale Juan Domingo Perón, dal suo esilio a Madrid, scrisse una lettera in cui definiva la morte del Che una “perdita irreparabile per la causa dei popoli che lottano per la loro liberazione”, rilanciando le ragioni della lotta contro l’imperialismo.
Guevara, con la sua morte, divenne simbolo di una lotta che travalicava i confini nazionali, incarnando il sogno di un riscatto sociale e politico per tutta l’America Latina.
il giudizio di Peron
Anche Perón, leader del movimento peronista argentino, lo riconosceva come un emblema di libertà, confermando la profonda connessione tra il Che e i movimenti popolari del Sud America. “Che Guevara è un simbolo della liberazione dei popoli d’America Latina, egli è stato grande perché ha servito una grande causa”, disse il leader peronista, evidenziando come il mito del Che superasse le ideologie e diventasse un patrimonio di tutti.
Guevara è stato spesso paragonato a un moderno Don Chisciotte, un cavaliere errante che, armato di ideali e un’inesauribile fede nel cambiamento, sfidava le ingiustizie del mondo. Il suo approccio alla rivoluzione era più romantico che ideologico, più vicino alla figura del cavaliere solitario della mitologia arturiana che al dogmatismo marxista-leninista. Come un Don Chisciotte, il Che lottava non tanto per un risultato concreto e immediato, quanto per un ideale superiore, che trascendeva la realtà politica e sociale del suo tempo.
Francesco Maiello, antropologo, ha sottolineato come il mito del Che, apparentemente inspiegabile per le nuove generazioni, sia in realtà il frutto di un’etica che si fonde con un’estetica rivoluzionaria. L’immagine di Guevara è un esempio perfetto di “fotogenia rivoluzionaria”: un uomo che incarnava bellezza, coraggio e una sorta di purezza idealista che lo rendevano adatto al ruolo di icona pop e futurista.
Questa percezione, resa immortale dalla celebre fotografia di Alberto Korda, ha fatto del Che un simbolo eterno, quasi mitologico.
L’immagine di Che Guevara come rivoluzionario puro e disinteressato emerge chiaramente nel racconto dei suoi ultimi anni. Dopo la vittoria della Rivoluzione cubana, in cui aveva giocato un ruolo centrale, Guevara ricoprì incarichi di governo nell’amministrazione di Fidel Castro, ma presto manifestò il suo disagio per l’evoluzione autoritaria del regime. In una famosa lettera a Fidel, il Che lasciava il potere per tornare sul campo di battaglia, questa volta in Bolivia, nella speranza di accendere la scintilla della rivoluzione in un altro paese. Un’azione che, come quella di Don Chisciotte, era destinata a un fallimento quasi certo, ma che portava con sé una nobile causa.
Anche il suo rapporto con il potere evidenziava la sua natura singolare. A differenza di molti rivoluzionari del suo tempo, Guevara non cercava il potere per se stesso, ma per servire un ideale. Rinunciò al suo ruolo ministeriale e al prestigio che ne derivava, ritenendo che il processo rivoluzionario cubano avesse preso una direzione diversa da quella che lui aveva immaginato. Questo lo rese un personaggio unico, un uomo d’azione che non si piegava ai compromessi.
Negli anni successivi alla sua morte, Guevara divenne un simbolo per il movimento studentesco del ’68, che lo idolatrava come il guerrigliero romantico, l’uomo che lottava contro le ingiustizie sociali. Ma il Che non fu mai realmente parte di quella stagione di contestazioni giovanili, caratterizzate da un’ideologia spesso vaga e confusa. Anzi, alcuni dei suoi atteggiamenti, come il rifiuto del potere o la sua disciplina militare, erano in netto contrasto con lo spirito libertario del ’68. Tuttavia, il suo carisma e il suo coraggio continuarono a ispirare, travalicando le divisioni politiche.
Il cantautore Francesco Guccini, riconosceva il valore universale della sua figura, parlando del Che come di un mito “fuori dalle appartenenze politiche”.
Il rapporto tra Guevara e i partiti comunisti ufficiali, come quello italiano, fu complesso.
Spesso i leader del PCI, come Giorgio Amendola, guardavano al Che con sospetto, criticandone la “vaghezza ideologica” e la propensione all’azione solitaria, vista come un’espressione di debolezza. Ma il Che era, prima di tutto, un uomo d’azione, un rivoluzionario che preferiva i fatti alle parole e che, come Don Chisciotte, sembrava agire mosso più da un codice etico personale che da un programma politico strutturato.
A più di cinquant’anni dalla sua morte, il mito di Che Guevara è sopravvissuto a ogni tentativo di appropriazione o denigrazione. Il suo volto è diventato un’icona globale, simbolo di resistenza e ribellione, ma anche oggetto di commercializzazione. Tuttavia, il valore autentico del Che va oltre il simbolismo pop. Egli rappresenta una speranza che è rimasta viva nei cuori di coloro che credono ancora in un mondo più giusto, libero dalle catene del denaro e del potere.
In un’epoca dominata dal realismo politico e dall’imperativo del profitto, Guevara rimane un esempio straordinario di idealismo. La sua vita, breve e intensa, continua a ispirare chiunque sogni un mondo diverso, dove la giustizia e la libertà siano a portata di mano per tutti.
Come Don Chisciotte, anche il Che ha combattuto contro i mulini a vento, ma lo ha fatto con la consapevolezza che, a volte, è proprio la lotta stessa a dare senso alla vita.
E così, Ernesto Guevara de la Serna, il rivoluzionario, il medico, l’ultimo dei romantici, ci saluta ancora con le sue parole immortali: “Hasta la vista, hasta siempre, comandante Che”.
Da leggere
“IIS Antonello”: progetto lettura con il testo Parallelo Sud (altro…)
Sarà visitabile fino a venerdì 20 dicembre la mostra di ceramiche dell’arch Koji Crisá, giovane…
A Ficarra si respira un’aria di Natale speciale, fatta di tradizioni, sapori e solidarietà verso…
La delegazione messinese e nebroidea di Fratelli d’Italia ad Atreju,: “Un'occasione unica per la crescita…
Domenico Siracusano, esponente del Partito Democratico, è intervenuto con una dichiarazione sulle recenti vicende legate…
Consegnata l’auto in dotazione alla Polizia Municipale e acquistata nell’ambito del progetto “Spiagge Sicure”. (altro…)