Succede sui Nebrodi. Ora si attende l’esito dell’esame, speriamo che sia negativo, ma rimane l’amaro di una storia tutta da analizzare, tra ritardi e numeri che non rispondono. Noi la raccontiamo.
Un medico, un sindaco, la locale stazione dei carabinieri come in un racconto di Piero Chiara) potrebbero apparire istituzioni, “datate”. ma in momenti critici come questi alla fine sono presenti, affianco del cittadino. E così dopo 30 ore “Corona” – abbiamo chiamato così la ragazzina – ha il suo tampone. Ancora la piccola è nella sua stanzetta con la mascherina, guardata a vista dalla madre, perché dopo 24 ore dal tampone il risultato non è dato sapere.
L’Italia o meglio la Sicilia, o meglio ancora la provincia messinese, ai tempi del coronavirus.
Una storia di ordinaria inefficienza si potrebbe dire, ma volendo essere buoni, che racconta la crisi, le angosce del momento, la concitazione ed i tempi di un’organizzazione tutta da mettere a punto quando invece tutto dovrebbe funzionare in modo perfetto.
Una storia raccontata, e neanche a mezze frasi, da chi l’ha vissuta, rappresentando organismi di tutela.
Ma che testimonia – ed è anche questo il motivo che la narriamo – che solo con la compartecipazione di ogni singolo cittadino, di ogni tassello della nostra società, si potrà fare muro o meglio, in termine guerresco, testuggine contro un nemico, invisibile, subdolo, strisciante, che sta stravolgendo la nostra vita.
Protagonista è una bambina preadolescente. La chiameremo Corona, (oggi nome di moda come nelle telenovelas).Lei presenta febbre alta, tosse e raffreddore. Questo circa 10 giorni orsono.
Sembra una influenza come quelle che circolano in questi giorni, ma la febbre nonostante la terapia continua, e la tosse si fa sempre più insistente.
Corona in quinta giornata di malattia viene visitata e le vengono prescritte delle analisi, che non mostrano molto, tranne una leucopenia – ha diagnosticato il medico – che per gli addetti ai lavori, indica una malattia di tipo virale.
Nel fine settimana Corona peggiora, la mamma chiama il pediatra di fiducia, perché la bambina ha tosse sempre più importante e soffocante. Ha la febbre molta alta, e a questo punto tenendo la bambina in macchina, la mamma di Corona si reca al pronto soccorso dell’ospedale più vicino, per chiedere quale percorso deve seguire per fare visitare la bambina, anche perché la famiglia si è ricordata di un possibile contatto con persone provenienti dalla zona rossa della prima ora (che includeva in tale indicazione la lombardia e le province limitrofe) circa 7/8 giorni prima dell’insorgere dello stato febbrile.
Ma nel pronto soccorso non vi è nulla di quanto strombazzato nelle passerelle, dai burocrati e dai politici. Quale pretriage, quale triage per i coronavirus, quale tensostruttura dedicata.
La mamma trova un medico arrabbiato, sconfortato, deluso, ma non scoraggiato, che comincia a tempestare di telefonate tutti i reparti siciliani per chiedere cosa fare.
Morale: Corona viene rimandata a casa con la cura prescritta dal pediatra di famiglia ma con obbligo di quarantena a domicilio e con mascherina sterile.
Il lunedì successivo, il pediatra di famiglia fa fare una radiografia al torace di Corona. Il referto lascia perplesso il medico, che unendo la storia clinica: febbre, tosse soffocante, contatto con persone del Nord Italia, emocromo e radiografia al torace non brillante, ritiene corretto richiede il famoso tampone.
Per dirimente di ogni dubbio.
E qui la storia diventa tragicomica.
I numeri dedicati per poter richiede il tampone da parte di un medico sono un lamentoso: tu-tu-tu…siamo spiacenti gli operatori sono occupati.
Quando qualcuno risponde, si accavallano numeri da fare, che però nonostante l’emergenza, sono e restano chiamate mute e alla fine all’impotente medico non resta che la mail, almeno qualcosa di scritto resta.
Ma il medico amanuense che ha scoperto la mail non ha pensato che questa per essere operativa deve essere letta, da chi… non è dato sapere.
Il povero medico allora si rivolge all’autorità costituita, come cantava il buon De Andrè, sindaco e earabinieri e finalmente facendo corpo unico: medico, sindaco, carabinieri (come in un racconto di Piero Chiara), istituzioni, “datate” ma presenti affianco del cittadino, dopo 30 ore Corona ha il suo tampone. Arriva l’ambulanza scortata, il medico nella sua tuta protettiva, e l’esame viene fatto.
Ma ancora la piccola è nella sua stanzetta con la mascherina, perché dopo 24 ore dal tampone il risultato non è dato sapere. Arriverà…. Speriamo negativo.
Ma questo è il racconto di Corona e del suo pediatra, di un sindaco attento, di medici che fanno gruppo, di carabinieri che si applicano e vanno “oltre”, in una regione che ha fatto delle passerelle una bandiera e dell’efficienza una Cenerentola.
Ciao Corona… che buone nuove tu ci possa racconatare e farci raccontare presto.