Brolo antianimalista? … Storie di intolleranza che dall’animale passa all’Umano.
Gli animali esistono in natura, non c’è li abbiamo messi noi.
Anche se l’uomo tende all’antropocentrismo, da anni la cultura, ma anche le leggi recepite dal Parlamento, per fortuna, ci stanno indirizzando verso una corretta coabitazione tra esseri viventi, non ultimo il permesso malattia ottenuto da una dipendente: due giorni per stare vicino non a un parente, ma al suo cane.
A Brolo, ormai da mesi, la situazione delle “riserve” feline , in particolare quella di via Libertà, assume tinte fosche, a colpi di intimidazioni nascoste tra le righe di volantini, più o meno anonimi.
Bisogna dire che la situazione dei gatti randagi si è aggravata, dal loro punto di vista, con l’eliminazione dei cassonetti dei rifiuti dalle strade, la loro esclusiva riserva di cibo, raccattando gli avanzi.
Così muoiono “per fame” o per i bocconi avvelenati.
Così può dar fastidio chi si prende cura di queste “colonie” arrivando a minacce e insulti, oltre che ad esposti e richieste di interventi da parte dei vigili urbani.
Ora anche i manifesti di minaccia.
Ma qui è bene evidenziare, entreremo poi nel dettaglio della nostra storia, una recente sentenza del Tar di Catania che con il classico “un colpo al cerchio e uno alla botte” fissa i limiti ai comportamento degli uni, chi si prende briga dei gatti – non suoi, ma della strada – e di chi si sente leso nei suoi diritti di condomino…. ma in questo caso è una pubblica via che non sottostà ai diritti di un semplice regolamento ma della legge dello stato.
Chi si prende cura di quella che può definirsi una colonia felina deve tenere pulita l’area, il marciapiedi o il giardinetto dagli avanzi di cibo, onde non creare problemi di igiene e di rumori. In parole povere nè deve lasciare piatti nè scatolette in giro.
È quanto chiarito dal Tar Sicilia in una recente sentenza [ sent. n. 3 del 12.01.2016.].
Quindi evitato il cattivo olezzo, i miagolii continui non sono reato, tenuti in ordine i luoghi, non si giustificano i vicini di casa, esasperati, che ora si rivolgono contro l’amante dei gatti che con un encomiabile spirito altruistico verso gli animali fornisce loro i pasti quotidiani.
Del resto la cosa è nota alle forze dell’ordine, ai vigili urbani di Brolo che hanno fatto già sopralluoghi e identificato l’arzilla signora che dispensa il mangiare.
Nessuna inibizione verso la prosecuzione di tale comportamento, solo il rispetto delle regole.
Il giudice del Tar salomonicamente la pensa così: non si può impedire di aiutare i gatti randagi – si legge nella sentenza – ma a condizione che ciò non danneggi i comproprietari della cosa comune e non crei problemi di igiene e di disturbo per il riposo delle persone. Così, chi si prende cura di una colonia felina per strada – e non in un cortile del condominio -, dovrà evitare il degrado del luogo pubblico, tenendo pulito il suolo, rimuovendo gli avanzi di cibo e i relativi contenitori.
Solo questo.
E solo se poi il proprietario non si adegua all’ordine del giudice di tenere pulita l’area, per lui i problemi si fanno più seri: può scattare il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, così come precisato da una sentenza del Tribunale di S. Maria Capua Vetere di qualche anno fa.
Sul punto si era espresso anche il TAR Ancona nel 2012 secondo cui è illegittimo il divieto, imposto dal Comune, di somministrare alimenti a cani e gatti randagi con contenitori sulle aree pubbliche. La differenza, dunque, rispetto alla sentenza del TAR Sicilia è il luogo ove avviene la “somministrazione” del cibo ai gatti: è chiaro, infatti, che negli spazi privati, sebbene non si possa impedire l’uso della cosa comune a tutti i condomini, è anche vero che tale uso non deve pregiudicare gli altrui diritti. Ma qui si tratta di luogo pubblico.
Da segnalare anche una sentenza del TAR Venezia: il provvedimento con il quale il Sindaco del Comune ordina alla popolazione tutta di non offrire alcun alimento a gatti randagi, anche saltuariamente, ponendo a fondamento della decisione adottata l’assunto secondo il quale le colonie di gatti randagi costituirebbero causa diretta di rischio epidemiologico per l’infezione soprattutto nei bambini che abitualmente frequentano le aree comuni, è illegittimo per difetto di istruttoria e di motivazione allorché il Sindaco non abbia fornito alcuna prova, nessuna valutazione né alcuno studio comprovanti la pericolosità per la salute pubblica di questi animali, né abbia richiesto un parere all’ASL nonostante spetti proprio all’ASL programmare le limitazioni e il controllo delle nascite e l’identificazione delle colonie feline in quanto organismo deputato in via generale alla sorveglianza sul fenomeno del randagismo.
Quindi dai gatti si passa alle persone.
Al grido “muoiano i GATTI! oppure “teneteveli in casa, diffondono malattie, sporcano (!), divieto di dare cibo pena denuncia alla Procura della Repubblica, minacce verbali, intimidazioni, urla contro anziani che trasgrediscono” eccetera diventano in una guerra tra poveri una frontiera che tende a prevaricare chi per amore di gatti è pronto anche a levarsi il cibo dal piatto.
E quel cartello, intimidatorio, diventa un arbitrio.
Far west.
Peggior di certo del dar da mangiar al randagino di turno.
Ovviamente c’è chi la penserà diversamente.
Allora scrivete in redazione… con tanto di nome e cognome, noi pubblicheremo aprendo un dibattito, sempre meglio del manifesto anonimo, che – per legge – è già da sanzionare in quanto non ha pagato le tasse d’affissione…
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