Pochi vagoni, sporcizia, stipati come animali…in piedi. Terzo mondo. E si muove la società civile ed il sindaco. Indignarsi innanzitutto!
Poco dopo le diciotto, la domenica pomeriggio, quel “regionale” è il treno che gli studenti dei Nebrodi scelgono, gioco-forza, unico mezzo pubblico, per ritornare nella loro sede universitaria di Palermo.
Con loro salgono anche altri pendolari, lavoratori della domenica, stanchi e già rassegnati di dover far un viaggio da incubo.
Domenica scorsa c’era anche un vagone sbarrato. “Chiuso per motivi di sicurezza” diceva, con un cero imbarazzo, il giovane controllore. Gli studenti si assiepavano il piedi nei corridoi. Quella è di certo era un modo di viaggiare in totale insicurezza.
Non è il caso isolato di una domenica qualsiasi. E’ la normalità.
Da qui la protesta dei ragazzi che si passano le foto sui telefonini, borbottano, commentano impietosamente sul menefreghismo che avvertono, da parte della classe politica, intorno alle problematiche dei pendolari.
“Non bisogna rassegnarsi mai” dice Enzo Caputo, sindacalista di base ma anche genitore “è giusto indignarsi, alzare il tono della protesta, coinvolgere i media, la stampa, avere delle risposte, trovare interlocutori che si mostrino attenti” e di rincalzo Nino Pizzino, sindacalista della CGIL Nebrodi, aggiunge “Mandate al sindacato le foto del disagio, documentate il disservizio , amplificheremo la voce del disagio e se sarà il caso promuoveremo anche una class action di rivendicazione civile dei diritti”.
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