Stupro di gruppo – Bufera su Cassazione
L’Agi precisa la pozione degli avvocati:
“Stupisce che intorno a una decisione che non fa altro che confermare elementari statuizioni di minima civilta’ giuridica, si possa scatenare un vergognoso battage mediatico che alimenta, con il solito effetto di corto circuito, le piu’ bieche pulsioni giustizialiste”. Cosi’ l’Unione Camere Penali sulla sentenza della Cassazione che ha stabilito la possibilita’, per il giudice, di applicare misure cautelari meno afflittive del carcere anche per chi e’ indagato del delitto di violenza sessuale di gruppo. Ma “ancor di piu’ sorprende che la stessa Suprema Corte, attraverso un comunicato ufficiale – notano i penalisti -, abbia sentito il bisogno di tranquillizzare l’opinione pubblica sul fatto che gli indagati coinvolti nella specifica vicenda processuale non lasceranno comunque il carcere sino alla celebrazione del giudizio di rinvio innanzi al Tribunale del Riesame”. Per l’Ucpi “in ogni Stato di diritto l’indagato e’ da considerare innocente sino alla sentenza definitiva. Proprio per questo, la misura della custodia cautelare in carcere – si sottolinea – e’ un istituto che deve trovare la sua applicazione in casi assolutamente eccezionali e l’indagato ha il sacrosanto diritto di attendere la definizione della vicenda processuale nella quale e’ coinvolto in stato di liberta’, qualunque sia il delitto che gli venga attribuito”. In un momento in cui “si straparla di autonomia ed indipendenza della giurisdizione, a proposito della responsabilita’ civile dei magistrati – si conclude – questa espressa manifestazione di conformismo della Corte dimostra che, sul piano della liberta’ di autodeterminazione della magistratura, ben altri sono i percorsi da intraprendere”.
E la Cassazione interviene:
La sentenza della Corte di Cassazione sullo stupro di gruppo contiene una «interpretazione doverosa» di una sentenza della Corte Costituzionale. L’alternativa sarebbe stata sollevare una questione di incostituzionalità, che avrebbe portato verosimilmente alla scarcerazione degli indagati per scadenza dei termini di custodia cautelare. Lo precisa, in una nota, l’ufficio stampa della Corte di Cassazione a proposito della sentenza con la quale è stato stabilito, con effetto estensivo di una pronuncia della Corte Costituzionale, che le persone accusate di violenza sessuale di gruppo possano beneficiare, se sussistono i requisiti, anche di misure cautelari alternative rispetto alla detenzione in carcere.
Leggi la sentenza della Cassazione
La precisazione della cassazione. «La sentenza della Corte di Cassazione (n. 4377/12 della Terza Sezione penale) – dice la nota – non ha determinato alcuna conseguenza immediata sullo stato detentivo degli imputati. Essi restano in carcere fintanto che non si sarà concluso il giudizio di rinvio davanti al Tribunale del riesame di Roma, che potrebbe anche confermare la precedente valutazione di necessità della misura carceraria».
L’ordinanza del Tribunale di Cassino. L’ordinanza del Tribunale di Cassino (Frosinone), che ha ritenuto di confermare la custodia in carcere, «è stata in primo luogo annullata – rileva l’ufficio stampa della Suprema Corte – per carente motivazione sugli indizi di colpevolezza, posto che, secondo la Corte di Cassazione, non era stato affatto chiarito, sulla base dei dati rappresentati dall’accusa, se una violenza sessuale fosse stata effettivamente realizzata dagli indagati. Solo come ulteriore argomento, la sentenza della Corte di Cassazione prospetta motivatamente una interpretazione doverosa della sentenza della Corte Costituzionale n. 265 del 2010, che, pur riferendosi alle fattispecie-base di violenza sessuale, e non specificamente alla fattispecie di violenza di gruppo, ha espresso il principio, fondato anche sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che in materia di misure cautelari, fatta eccezione per i reati di natura mafiosa, non possono valere presunzioni assolute di adeguatezza della sola misura carceraria che prescindano dalla fattispecie concreta.
L’alternativa era investire la Consulta. Relativamente a questo secondo aspetto – rileva ancora l’ufficio stampa della Cassazione – l’alternativa era verosimilmente quella di investire della questione la Corte Costituzionale: ma la sospensione del procedimento fino alla decisione della Consulta avrebbe potuto determinare la scarcerazione degli imputati per decorrenza dei termini di custodia cautelare, caso che non si è verificato proprio a seguito della decisione della Corte di Cassazione».
fonti: il messaggero.it – www.tmnews.it – agi