Il monito di Tano Grasso, imprenditore simbolo della lotta alla mafia e presidente onorario del Fai (Federazione delle associazioni Antiracket) risuona forte a 20 anni dalla strage di Capaci, una delle poche occasioni, spiega, nelle quali la mafia è stata percepita veramente come una questione nazionale.
Ed è per questo che gira l’Italia per partecipare a serate come quella al teatro Rasi, “Ravenna contro le Mafie” (in questo caso assieme a Nando Dalla Chiesa e con un contributo video di Rita Borsellino).
Perché è importante che non solo Palermo o Caserta, ma anche la città dei mosaici sia effettivamente, profondamente e concretamente contro le mafie.
L’appuntamento ravennese al quale hanno partecipato anche il sindaco Fabrizio Matteucci, l’assessore Oudad Bakkali e la referente di Libera Ravenna Roberta Cappelli è l’ultima di una serie di iniziative del progetto “Liberi dalle Mafie”, che ha coinvolto oltre 1500 studenti delle scuole medie.
Ed è appunto dalla società civile che occorre ripartire per generare degli efficaci anticorpi alle infiltrazioni mafiose, spiega Grasso. “25 segnalazioni di usura allo sportello Sos Impresa di Ravenna? Non sono molte, soprattutto con l’attuale congiuntura economica – rileva l’imprenditore -. Quelli che non denunciano devono essere molti di più”.
Non sempre, però, usura fa rima con mafia, precisa Grasso: “Il racket ha altre caratteristiche: si perpetra in maniera generalizzata (a tutti gli imprenditori del territorio), è periodico e ci sono vittime ben prestabilite. Al Nord, insomma, è raro. Il rischio vero da voi è quello del riciclaggio, soprattutto nel settore edilizio. È lì che bisogna tenere la guardia alta”.
Già, ma come? Per Grasso è essenziale suscitare una vera cultura antimafia nei suoi colleghi, gli imprenditori: “Le vostre sono terre ideali per investire, ma chi lo fa con fondi di provenienza illecita gode della complicità di tutto il mondo imprenditoriale circostante. È matematico: chi opera nel settore produttivo percepisce immediatamente l’arrivo sul mercato di un soggetto che “non gioca” secondo le sue regole. Ed è proprio lì che occorre sensibilizzare”.
Di passi avanti, in provincia, ne sono stati fatti e proprio in questa direzione, grazie ai due protocolli contro le infiltrazioni mafiose firmati meno di un mese fa in Prefettura. Anche da Confindustria e dalle associazioni di categoria. “Questo è un primo, importante, passo – commenta Grasso – ma si può fare di più. Costruendo, ad esempio, dei meccanismi di collaborazione informali tra imprenditori e forze dell’ordine. Basterebbero dei “tavoli di studio” che focalizzino il problema in settori strategici, come quello del turismo”.
Se vogliamo un’economia libera, prosegue Grasso, la mafia non dev’essere un problema solo delle forze dell’ordine, ma di tutta la società civile: “E’ in gioco il concetto stesso di Stato ed è anche una fatto economico: pagheremmo meno tasse, se non ci fosse la mafia. Tutti”.
Intervista a cura di Daniela Verlicchi – http://ravennanotizie.it