In un teatro in stato d’abbandono Luigi Pirandello ritrae una società in piena crisi che pullula di fantasmi e maschere.
Gabriele_Lavia è il mago protagonista che raccorda i vari personaggi. In una drammaturgia complessa Lavia/Pirandello si confronta con la vita che avrebbe bisogno di volti ed invece si racchiude in una baraonda di maschere e fantasmi, vissuto ed interpretato come un chiasso che fa da intermezzo, per alleviare il peso di una fragilità di fondo dell’animo umano.
Se è vero che di questi tempi chi ragiona è vigliacco perché vi è necessità di allontanarsi dalla pesantezza del vivere, è altrettanto vero che la poesia declinata in forma dì teatro ànima, così come deve, un immaginario, costituito da una dimensione soprannaturale a cui si aggrappano speranze e sentimenti di vita e di morte.
Lavia lega e coniuga tutto questo con la sua magia, fatta di esperienza ed arte. Il suo esprimersi chiaro evidenzia l’idea che “i Giganti della montagna” non sono altro che una suggestione che serve agli uomini per allontanarsi dal peggio, dalle ipocrisie, dalla morte, dal senso di crisi diffuso e dovrebbe aiutare l’incedere umano a tornare alla gioia della vita. In un teatro in cui l’ascolto è difficoltoso per la scarsa acustica, Lavia esalta il testo con la sua irraggiungibile bravura.
(RinoNania / 2 febbraio 2020)