“Quest’avventura, o meglio questo esperimento, io l’ho accettato subito, con entusiasmo.
Forse perché mi piace l’idea di fare spettacolo anche fuori dai teatri convenzionali, in luoghi di aggregazione e campi di gioco, dove si incontrano gli sportivi veri, quelli che sanno ancora cosa significa il merito. Forse perché ho voglia di parlare di un’Italia che vorremmo ripristinare.
Forse perché ho nostalgia di essere orgogliosa del Paese dove vivo, del mio popolo, e mi piace ripartire da qui, da Coppi, come simbolo di chi,
con caparbietà, ha fatto della sua vita una leggenda.
Poi adoro andare in bicicletta e l’autore ha promesso di allenarmi.
Pamela Villoresi
Lo spettacolo ha, come spesso accade, diviso la “critica”, che riamendo concordo in maniera unanime sulla bravure dell’attrice, ha “amato” o “odiato” lo spettacolo.
Presi da facebook alcuni commenti:
Superba Pamela Villoresi, brava! Protagonista assoluta della scena è Maria, la sorella di Coppi intensa, moderna, donna italiana che conosce e difende la sacralità del legame di sangue e non si tira indietro, lotta, pedala nell’ultima fuga irrefrenabile, contro la morte.
Eccezionale questa prova di tecnica ardita e di interpretazione emozionante che ha toccato il ricordo, il dolore, senza mai scadere nel patetico o in facili suggestioni strappalacrime.
E’ grotowskyana la Villoresi: il corpo e la voce uniti in una faticosa prova fisica, figlia di un rigoroso allenamento, fanno vibrare la scena nuda dove solo una bici da spinning domina (una bici vera avrebbe fatto troppo rumore, inficiando il silenzio dell’ascolto).
Il testo di Albe Ros è pieno di amore e di passione per il ciclismo, un amore puro che contagia tutti. la trascrizione teatrale di Dada Morelli è una travolgente partitura musicale: le frasi ben architettate a ritmo scandiscono l’epopea dei sentimenti – ed Enzo aggiunge – La Villoresi è bravissima e molto intensa è stata la sua performance.
Ha pedalato per oltre 50 minuti ed è stato un pò faticoso anche il seguirla sempre nella stessa posizione.
La storia era molto conosciuta sia dagli appassionati che non (film e libri su Coppi si sprecano) ma qui si dava risalto alle sue ultime drammatiche ore vissute attraverso lo struggente desiderio della sorella di mantenerlo in vita attraverso i suoi ricordi, narrando la vita del campione da quando era un bambino triste e chiuso, attraverso le sue innumerevoli vittorie, la guerra e il fascismo, fino all’inutile viaggio in Africa”.
Di contro caustico Armando sottolinea: Un monologo monocorde, atono, melenso, mediocre e pieno di vuota retorica dell’esaltazione dell’eroe”.
Anche questo è il bello del Teatro, ed il grande merito di questa la stagione teatrale pattese, che ha visto sulle scene del Teatro Beniamino Joppolo i migliori attori della scena italiana è stato anche quello di aver accesso dibattito e riflettori su quei luoghi dell’incontro e della cultura che da tempo a Patti si erano chiusi.
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