Chi allora inguaiò Piera Aiello? Duro Comunicato anche dell’Associazione “Rita Atria”.
Il «caso» è stato chiuso, ma la sostanza rimane. Non è responsabile di nulla secondo il gup del Tribunale di Marsala Giuliana Franciosi il maresciallo dei carabinieri, Salvatore Ippolito della circostanza che due anni addietro divenne nota la località segreta dove si trovava la testimone di giustizia Piera Aiello. L’associazione antimafie “Rita Atria” dichiara: “Con i nostri legali, dopo aver letto le motivazioni, ci faremo carico di avviare tutte le azioni che la legge ci consente per chiedere Giustizia nelle sedi opportune e individueremo tutti i livelli di responsabilità”, ne parla Nadia Furnari.di Rino Giacalone – tratto da Antimafia2000
Il gup ha assolto il sottufficiale con la formula che il fatto non sussiste, il pm Giulia D’Alessandro, sebbene la procura avesse chiesto il rinvio a giudizio, aveva chiesto il proscioglimento, “per carenza di prove”, stessa cosa ha chiesto la difesa, avv. Gianni Caracci, la parte civile, avv. Giuseppe Gandolfo, aveva chiesto al gup prima di decidere di disporre un paio di confronti, richiesta rigettata.
Non è una storia di poco conto.
A cominciare dal fatto che la località segreta dove si trovava Piera Aiello divenne nota non in un posto qualsiasi, in una città qualsiasi, ma a Partanna, la città della donna, il «cuore» di quella mafia che lei per prima raccontò dopo avere visto morti ammazzati il suocero e il marito, Vito e Nicola, genitore e fratello di Rita Atria, la ragazza suicidatasi il 26 luglio del 1992, stravolta dalla strage che le aveva tolto l’unico punto di riferimento che le era era rimasto, Paolo Borsellino.
Il maresciallo Ippolito, 38 anni, in servizio oggi a Mazara, non ha colpe per il giudice, ma la località dove si trovava Piera è stata «palesata», questa è una certezza, è questa la sostanza delle cose che resta non chiarita sul fronte dei responsabili.
E il fatto non è inventato: non lo hanno detto persone qualsiasi, ma i parenti di Piera, la madre e la zia, che parlando proprio con lei al telefono le dissero come se la passava là dove loro avevano saputo che si trovasse.
Quando Piera chiese come mai il luogo era conosciuto uscì fuori il nome di quel maresciallo che tra una parola e l’altra, discutendo con la zia di Piera, avrebbe svelato quello che forse lui nemmeno poteva conoscere.
Ora per il gup di Marsala il maresciallo Ippolito tutto questo non lo ha mai fatto.
Ma allora chi?
Piera Aiello non si è certo sognata ogni cosa: «È stata una decisione quella del gup che mi ha sorpreso – dice l’avv. Giuseppe Gandolfo che ha difeso Piera Aiello come parte civile – mi sarei aspettato una decisione per approfondire le indagini anche perchè lo stesso pm si era lamentato quasi con se stesso che le indagini non erano del tutto sufficienti a chiarire ogni punto. Il giudice ha deciso di non tenere conto di una donna, Piera Aiello, testimone di giustizia, ritenuta attendibile da tutti i Tribunali, che avrebbe detto una bugia mettendo a rischio la sua incolumità? Credo che sarebbe stato utile sentire i parenti della donna».
Piera Aiello preferisce non parlare, chi l’ha vista dice che «ha preso un brutto colpo»;
Nadia Furnari l’amica che la segue da anni, a capo dell’associazione «Rita Atria» è stata promotrice con Libera di un nuovo sit in davanti al Tribunale di Marsalache ha raccolto tantissime adesioni nella società civile non solo siciliana.
«La vicenda – dice – non è quella di Piera ma è la vicenda che dimostra la disattenzione dello Stato verso i testimoni di giustizia, e come se oggi a chi vuole testimoniare lo Stato dica che i rischi e i pericoli sono i suoi, ma stiamo parlando di un diritto dovere costituzionale».
Un processo con passaggi anomali. Il primo quello che ad indagare sono stati altri colleghi dello stesso carabiniere imputato, poi al momento della richiesta di rinvio a giudizio la citazione come parte offesa di Piera Aiello non fu tenuta in considerazione, la notifica degli atti è stata movimentata tanto che il legale ebbe la documentazione (da carabinieri) quasi senza avere più il tempo per farsi firmare da Piera Aiello la necessaria procura speciale, «un processo – dice Nadia Furnai – del quale, possiamo dire, siamo venuti a conoscenza per caso e non per diritto».
«Oggi – dice Nadia Furnari – siamo dinanzi ad azioni compiute dallo Stato e da uomini dello Stato che non incoraggiano le testimonianze, testimoni di giustizia vengono accompagnati invece di essere seguiti, vengono deportati, portati lontano dalle loro città, in un clima che è come se loro, testimoni, costituiscano un esempio da non seguire e debbono potere mostrare di essere esempi positivi di cittadinanza attiva, perché testimoniare deve essere sentito come un dovere non come un sacrificio».
A Piera Aiello l’abbraccio e la piena solidarietà da tutta la redazione di SCOMUNICANDO.it
Ed intanto la stessa Nadia Furnari, per l’Associazione Antimafie “ Rita Aiello” ha diramato questo comunicato in merito al processo:
“Assolto perché il fatto non sussiste”. Questa la frase che ha chiuso il processo contro il maresciallo Salvatore Ippolito per il disvelamento della località segreta della Testimone di Giustizia Piera Aiello.
Non siamo stupiti dell’epilogo perché il copione lo avevamo studiato molto bene e l’impianto accusatorio del procuratore capo Alberto Di Pisa convergeva verso l’assoluzione.
Ieri qualcuno ha applaudito alla sentenza quasi a voler mettere la firma sull’intera colonna sonora di tutto il film. Ma quegli applausi non ci hanno di certo scoraggiato e aspetteremo le motivazioni prima di comunicare tutte le azioni che intendiamo intraprendere.
Ci sono però delle cose che possiamo dire sin da subito e che sono eclatanti:
1. gli accertamenti dell’ufficio del P.M. su un militare dell’Arma dei Carabinieri non sono state svolte da una componente diversa della polizia giudiziaria (Finanza o Polizia di Stato) come dovrebbe essere consuetudine e norma fare per ovvi motivi di opportunità ma dall’Arma dei Carabinieri.
2. Nelle carte processuali non vengono sostituiti con omissis i dati riservati della località segreta ma vengono messi in chiaro località, indirizzo e persino il numero di telefono di Piera Aiello (carte oggi a disposizione di decine di addetti ai lavori).
3. Nella richiesta di rinvio a giudizio del Procuratore Capo di Pisa viene considerata parte lesa solo lo Stato e non Piera Aiello (sicuramente persona danneggiata dal reato).
4. Nessuno ritiene di dover comunicare a Piera Aiello l’esistenza di una richiesta di rinvio a giudizio e di un processo in corso e solo l’attenzione della stessa Aiello e dell’Associazione “Rita Atria” permette la costituzione di parte civile all’ultimo minuto ed al buio cioè senza conoscere le carte.
5. Il procuratore capo Di Pisa nella richiesta di rinvio a giudizio parla di disvelamento della località segreta della “collaboratrice di giustizia” Piera Aiello infamandone la storia (la differenza tra Testimone di giustizia e collaboratore è enorme; la testimone non ha mai commesso reati mentre il collaboratore sì).
6. Lo Stato non si costituisce parte civile.
7. Il PM, Giulia D’Alessandro, nell’udienza del 15 giugno scorso chiede l’assoluzione perché le indagini non porterebbero a dimostrare nulla ma non chiede integrazioni di indagini o confronti tra i testimoni.
8. Il GUP, Giuliana Franciosi, nell’udienza del 6 luglio non ritiene di dover accogliere la richiesta di confronto fra la sig.ra Nenè Atria e Piera Aiello ed ancora tra Piera Aiello e sua madre. Si ricorda che in sede di testimonianza la zia di Piera Aiello dichiara, tra le altre cose, di non sapere perché la nipote si trovi in località protetta senza che nessuno avviasse un procedimento per falsa testimonianza.
9. l’Assoluzione
10. Sia Piera Aiello che l’Associazione “Rita Atria” non possono appellarsi perché la parte civile non può proporre appello.
Ieri davanti a quel tribunale c’era la società responsabile a chiedere giustizia con la G maiuscola ed alla fine una scritta ne ha sancito l’umore: “Qui la Giustizia è morta”. Noi staremo accanto a Piera Aiello in ogni sua scelta e decisione consapevoli che la delegittimazione è una delle armi moderne per spegnere i riflettori su una storia che a Partanna brucia ancora. Con i nostri legali, dopo aver letto le motivazioni, ci faremo carico di avviare tutte le azioni che la legge ci consente per chiedere GIUSTIZIA nelle sedi opportune e individueremo tutti i livelli di responsabilità in un processo a senso unico in cui l’umiliazione più grande non è stata l’assoluzione dell’Ippolito ma quella di non aver tenuto nel debito conto le dichiarazioni della TESTIMONE di Giustizia Piera Aiello e di averla financo definita collaboratrice.
Noi andremo avanti e non saranno di certo le sentenze di questa giustizia a scoraggiarci nella ricerca della Verità.
Associazione Antimafie “Rita Atria
Piera Aiella ha avuto concessa dal Comune di Brolo, per le sue denunce ed il suo coraggio umano e civile, la cittadinanza onoraria.