Il successo, la sregolatezza, il genio. Il Regno Unito vede la rinascita dei Libertines, band surreale, tornata agli oneri, con un disco davvero niente male. E Pete Doherty, leader insieme all’amico e compagno Carl Baràt, dettano legge, con un disco sopra le righe, Anthems for Doomed youth, chiaramente anarchico, sporco, dannatamente intriso di quelle storie tossiche, tra Brit Pop, Indie Rock, ma soprattutto Punk, senza scadere mai nella ripetitività dei precedenti lavori.
I Libertines, volano alto con questo terzo lavoro discografico, ponendo nuova energia alla voce sporca di Pete, nell’inno per i giovani condannati, senza risparmiarsi in epitaffi ed eufemismi da poco, i testi, sempre vivaci e irriverenti, seguono quella corrente bizzarra ed euforica, di una dannazione reverenziale, senza risparmiare la goliardia, i retroscena personali, il dramma dell’eroina.
Così, i pezzi, scivolano veloci all’ascolto, senza retorica, basate su giri di chitarra semplici ma mai dissonanti, talvolta echi distorti, sbavature lanciate mai per caso.
I 45 minuti dell’album, un catalogo urbano di forte rilevanza, riescono a far percepire l’essenza Made in Britain di questi artisti talentuosi, che – seppur affondati nelle proprie miserie, assestano un bel colpo musicale all’industria musicale.
Il disco è dedicato alla memoria di Alan Wass, Amy Winehouse a Robyn Whitehead.
Salvatore Piconese
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