Attualita

TINDARI FESTIVAL – Continuano gli appuntamenti in collaborazione con XX FESTIVAL DEI DUE MARI

Il 16 18 e 19  agosto  presso il teatro antico di Tindari andranno in scena  in scena alle ore 21.00

La scaletta degli appuntamenti.

16 agosto DIDON/NOW di Lina Prosa

con Elisa Di Dio e Giorgio Cannata
scene e costumi: Luca Manuli
musiche: Michele di Leonardo
regia e coreografie: Andrea Saitta

Chi è Didone? Una regina, una ierofania della Madre mediterranea, una profuga, un’eroina cantata da poeti antichi e dell’oggi.

È tutto questo Didone, o forse di più.

Al di là dell’epos virgiliano, che fa di lei una donna combattuta fra la fedeltà alla memoria del marito morto e il nuovo prepotente, sentimento che la spinge verso Enea, con l’esito tragico a tutti noto, Didone è una straordinaria donna che intraprende il cammino fra mare e deserto, e guida il suo popolo sulle sponde di un mare nuovo.
È la fondatrice di una città, è la guida sicura di un popolo che fugge dalla follia della tirannide, è pellegrina e capa, prima che amante.

Questa Didone vive delle sue pelli, si trasforma, muta, sperimenta l’erranza del viaggio e del cuore, brucia nel fuoco della sua coerenza: coerenza al ruolo di donna di potere, coerenza alla vita e all’amore, vissuto come sponda di un mare senza approdo.

18 Agosto Elena Tradita

Lo spettacolo con Viola Graziosi e Graziano Piazza, prodotto dal Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale, affronta le contraddizioni del personaggio classico, emblema della donna da sempre giudicata e mai davvero compresa

Vittima e carnefice, tra passione e razionalità, libera scelta e predestinazione, la figura di Elena incarna un mondo di contraddizioni. Contraddizioni che ne hanno fatto un personaggio che appartiene al Tempo e che vive nelle donne e negli uomini di tutti i tempi.

A partire dal tentativo di comprendere Elena, senza giudicarla, è nato lo spettacolo Elena tradita, interpretato da Viola Graziosi e Graziano Piazza che ne è anche il regista e scritto da Luca Cedrola (da Omero, Euripide e Ritsos). Il nuovissimo spettacolo, prodotto da Teatro della Città – Centro di produzione teatrale, sarà presentato in prima nazionale al Teatro di Tindari (martedì 18 agosto).

Lo spettacolo – con i costumi di Maria Alessandra Giuri e l’audio dall’archivio della Fondazione Inda  – affonda le radici nel mito, rileggendolo in modo fedele ma senza farsi suggestionare dai giudizi che, nei secoli, hanno fatto di Elena la traditrice, causa nefasta di guerra e morte o la regina innocente, vittima del volere degli uomini.

«È facile giudicare Elena. Ma è impossibile comprenderla davvero – spiega Viola Graziosi – . L’anno scorso all’Inda di Siracusa, anche grazie alle mie due interpretazioni di Elena nello spettacolo Le Troiane  e nell’Agòn, il processo simulato in cui ero Elena, l’imputata, Graziano e io ci siamo ritrovati a pensare a quanto Elena, emblema assoluto del femminile, sia ancora oggi così poco compresa ma sempre giudicata. Euripide stesso, nei suoi due testi – Le Troiane ed Elena – ne parla in modo contraddittorio, mettendola prima sotto accusa ed esponendone tutte le varie colpe per poi, invece, giustificarla. Insieme con Graziano ci siamo costruiti la nostra di idea che non coincide con un giudizio ma con il volerne capire e sostenere la libertà di scelta. Per questo, ci siamo lanciati in questo progetto che ne analizza una grande supposta colpevolezza, ovvero quella di voler conoscere se stessa, la vita e di voler essere libera di scegliere».

E per suggellare la loro idea, scevra da ogni giudizio, Viola Graziosi e Graziano Piazza, che sono coppia sia sul palcoscenico sia nella vita, si sono affidati alla penna dell’autore Luca Cedrola, coinvolgendolo nella loro ricerca volta a scandagliare le ambiguità di una donna che vuole esprimere se stessa attraverso parole che ne possono rivelare la modernità.

19 agosto Dyscolos

regia di Cinzia Maccagnano, con: Raffaele Gangale, Dario Garofalo, Cinzia Maccagnano, Luna Marongiu, Cristina Putignano. Musiche: Germano Mazzocchetti composte per Dyskolos prodotto dall’I.N.D.A. nel 1995 per la regia di Egisto Marcucci. Costumi di Monica Mancini. Maschere di Giancarlo Santanelli

La scena appare vuota. Avanzano cinque attori, in abito scuro. Il capocomico rassicura gli spettatori circa il fatto che presto avrà luogo la commedia, ma non prima di aver spiegato loro la trama con l’ausilio degli altri quattro che, frattanto, si adoperano maldestramente a renderla comprensibile. Appena finito il prologo, la scena si anima e si colora, tutti gli attori scompaiono per lasciare entrare i personaggi, cioè le maschere. Lo spettacolo allora prende il ritmo della commedia, interrotta soltanto da brevi incursioni degli invitati alle nozze che, ubriachi, compongono e scompongono la scena con coreografie e canti.

Si tratta di una storia semplice: Sostrato, un ricco giovane di buona famiglia, si innamora di una semplice e bella ragazza di campagna, figlia di un vecchio e bisbetico contadino, Cnemone, con il quale abita. La moglie di lui, infatti, esasperata e stanca, si è trasferita dal figlio di primo letto, il serio e laborioso Gorgia. Sostrato si conquista l’amicizia di Gorgia e si offre di lavorare nei campi per conoscere meglio il burbero padre della ragazza di cui è innamorato. Intanto la madre di Sostrato, il servo Geta e il cuoco Sicone allestiscono un sacrificio presso il tempio di Pan, che si trova proprio accanto alla casa di Cnemone; la confusione che ne scaturisce accende l’ira del vecchio misantropo che si rifiuta di prestare la pentola di cui c’è bisogno per l’offerta votiva. Ma la sorte vuole che, nel tentativo di recuperare da un pozzo un secchio sfuggito alla sua serva, Cnemone vi precipiti dentro. Sostrato e Gorgia corrono a salvarlo. Cnemone, dopo il pericolo che ha corso, si mostra più ragionevole e concede la mano della figlia a Sostrato. Nell’entusiasmo del momento Sostrato ottiene dal padre Callippide che la sorella sia concessa in sposa all’amico Gorgia. La commedia si conclude con una doppia festa di nozze a cui tutti i servi trascinano il riluttante Cnemone, oramai arreso all’inevitabile condivisione.

Il Dyskolos rappresenta la forma più compiuta di quella che è stata definita “commedia nuova”: a differenza di ciò che avveniva nella commedia antica, Menandro non imposta l’intreccio su fatti sociali o politici, ma ambienta l’azione in una dimensione, per così dire, “borghese”, seppure il protagonista sia un contadino. Esaurita ormai la critica politica che fu del teatro aristofaneo, Menandro concentra la sua attenzione su temi e rapporti che lasciano ampio spazio alla riflessione, alla morale, potremmo dire, stoica, di chi accetta la propria condizione umana con un briciolo di consapevolezza in più. Protagonista è l’uomo, con i suoi piccoli drammi quotidiani, le sue intolleranze, la sua sfiducia nel prossimo, le sue paure che lo portano a chiudersi nel proprio recinto. Ma sorprendente è la modernità di Menandro che affida ai due giovani della storia, il ricco innamorato Sostrato e il povero e dignitoso Gorgia, un atteggiamento rivoluzionario: la vitalità che scaturisce dall’amore e dalla fiducia nel prossimo, vincerà la misantropia e consentirà il superamento della diversa condizione sociale dando vita ad una nuova comunità.

Redazione Scomunicando.it

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