Troades e Lo stato d’assedio: una catarsi conclude l’XI edizione di Tindari TeatroGiovani
XI edizione di Tindari TeatroGiovani all’insegna della commozione con un minuto di raccoglimento per la studentessa Melissa Bassi, uccisa dal barbaro attentato di Brindisi. Ancora più catartico è stato, perciò, assistere alla splendida messa in scena delle Troades da Seneca ed Euripide.
Ecco lo strazio delle donne-madri troiane senza spazio e senza tempo, su cui spiccava la minuta ma potente e solenne Ecuba. Dalla sua voce, da quella di Andromaca, da quella della delicata Polissena una sola accusa, una sola rampogna, una sola condanna della violenza della guerra e delle sue tragiche conseguenze verso i soggetti più deboli.
E tutti avrebbero voluto che le parole del messo “nessuno è riuscito a governare fondandosi sulla violenza”, fossero vere: invece l’amara realtà ci conferma costantemente del contrario. Con Ecuba diciamo “Ah! Troia! infelice Troia, sei finita e finiti sono coloro che ti hanno lasciato, i vivi e i morti”.
Non meno sofferto il dramma presentato dal Laboratorio del Liceo “Vittorio Emanuele III”, “Lo stato di assedio” di Albert Camus: un assedio metaforico del Potere, amplificato dallo sdoppiamento della Peste in due figure femminili, ben caratterizzate da Lorenza Rifici, gerarca spietata, e Alessia Pizzuto, interprete di un potere maniacale e dall’ironia sferzante, non senza punte di leziosità (appare in scena giocherellando con una piccola Barbie).
Alle radiazioni programmate solo chi non ha paura può vincere, solo chi ama gratuitamente può sconfiggere “il terrore” in tutte le sue forme: l’amore di Diego (un appassionato e problematico Francesco Aricò) per Vittoria (un’innamorata dolce e fiduciosa, impaurita ma incrollabile e pronta a morire pur di non lasciare l’amato) non rinuncia, infatti, a sacrificarsi per l’umanità. “L’amore di questa donna è il mio regno”, dice, “Posso farne ciò che voglio. Ma la libertà di questi uomini appartiene a loro. Non posso disporne”.
E’ lui che oppone il suo senso di giustizia a quello cinico e perverso del potere e alla battuta della Peste “Non si può essere felici senza fare del male agli altri.
E’ la giustizia di questo mondo” risponde “Non sono nato per consentire a questa giustizia”. Altro personaggio chiave dell’opera è Nada (Niente), interpretato con il graffiante e irriverente nichilismo di Graziano Virzì) che incarna lo spirito libero e la dignità dell’essere umano che non si piega al potere e sceglie di lanciarsi nel mare dall’arco del Teatro. Lo spettatore rimane con la suggestione di un’uscita di scene così commentata. “Le onde impetuose lo sferzano e lo soffocano dentro le loro criniere.
La bocca bugiarda si riempie di sale e tacerà, finalmente. Guardate: il mare furibondo ha il colore degli anemoni.
Ci vendica. La sua ira è la nostra. Grida l’adunata a tutti gli uomini del mare per il convegno dei solitari. O onda, o mare, patria degli insorti, ecco il tuo popolo che non cederà mai.
L’ondata immensa, nutrita nell’amarezza delle acque, spazzerà via le vostre città orribili”.
Il mare, che nel testo di Camus ha il grande valore simbolico della purificazione e della libertà, nella regia di Stefano Molica si amplifica nello splendido scenario naturale di Tindari.
La scelta del nichilista Nada, quindi, è un appello alla palingenesi dell’umanità, un appello alla solidarietà di tutti gli uomini contro la cecità del potere.
Gli applausi di una cavea gremita hanno confermato la qualità del lavoro del regista che da tanti anni accompagna il percorso di Tindari TeatroGiovani; con lui si è complimentata il Dirigente Scolastico, Prof.ssa Grazia Gullotti Scalise, riconoscendo la difficoltà del testo scelto per il Laboratorio teatrale di quest’anno, coordinato dalla Prof.ssa Clotilde Graziano, e alla cui riuscita, ha detto, hanno contribuito anche altri docenti e tutto il personale ATA.
Prof.ssa Maria Lucia Lo Presti