Tra mozzarelle e cerotti c’è la necessità di avere un’informazione non inquinata
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Tra mozzarelle e cerotti c’è la necessità di avere un’informazione non inquinata

di Oliviero Beha
mozzarella-blu.jpg_415368877Molti anni fa, precisamente nel 1992, inaugurai una trasmissione radiofonica su Radio Rai che si chiamava “Radio Zorro”. La prima puntata se non ricordo male fu dedicata al caso di una consumatrice che aveva trovato un cerotto nel pane. La mini-inchiesta in diretta con telefonate a sorpresa cercò di risalire la filiera per rintracciare delle responsabilità. Il caso era piccolo, la questione dei controlli (mancati) grossa, la sensibilità dell’informazione “importante” per casi del genere pressoché nulla. Sono andato avanti per 12 anni, prima della censura sul programma (nel 1996 mi chiuse il centrosinistra per due anni, nel 2004 definitivamente il centrodestra o meglio i manutengoli di entrambi).
Racconto queste cose perché il recentissimo episodio di una consumatrice che ha scoperto le “mozzarelle blu”, le ha filmate con il telefonino e ha mandato il tutto ai carabinieri, mi ha fatto rivenire in mente come sia decisiva l’informazione dal basso.Voglio dire che le grandi questioni sulla legge-bavaglio, sull’autonomia e l’indipendenza della stampa, sui rapporti subalterni (eufemismo!!!) con il potere politico ed economico, laico o confessionale, sono decisive per la democrazia. Ma possono essere concepite e considerate ancora meglio se collegate a quell’informazione dal basso che tanto ci manca.
Giustamente l’Aduc, un’associazione di consumatori, ha fatto rilevare che la scoperta delle mozzarelle avariate e poi sequestrate dai Nas di Torino in 70 mila confezioni (venivano dalla Germania, si aprivano e diventavano blu – di qui le battutacce sulla Nazionale ai Mondiali e le mozzarelle “azzurre”-…) non è arrivata dagli organi di controllo del Ministero della Salute, ma da una consumatrice trasformata in cittadina dall’evento rischioso per la comunità.
Adesso le analisi hanno trovato il colpevole: sarebbe un batterio con un nome assonante, almeno nella desinenza, visto che si chiama “pseudomonas” di genere “fluorescens”, definito “microorganismo poco patogeno che si sviluppa in assenza di precauzioni igieniche”. Sono stati appena resi noti dall’ufficio competente del Ministero i nomi dei prodotti contaminati e sequestrati, così da circoscrivere le responsabilità ma soprattutto renderle note: “Land”, vendute da Eurospin, “Lovilio”, vendute da Lidl e “Malga Paradiso” vendute da MD discount, tutte prodotte in Germania dalla ditta Milchwerk Jager Gmbh & Co. E tutte distribuite sul territorio nazionale.
Continuano nel frattempo le analisi da laboratorio e Bruxelles ha mandato in giro gli ispettori. Ma torno al punto di partenza. Considero come importanza l’informazione non inquinata, ecologicamente compatibile, alla stregua di acqua e aria, per un motivo molto semplice: l’informazione può dirti dello stato dell’acqua e dell’aria, l’acqua e l’aria non possiedono invece tv, radio o giornali. Pretendere informazione meno contaminata dovrebbe essere una priorità dei cittadini e non solo dei consumatori, come prerogativa di persone informate a partire dai rischi per la loro salute.
In più la non informazione o informazione contraffatta in questo come in tutti gli altri campi, compresa la politica, ha un nome ben preciso: pubblicità (nel caso della politica, propaganda). I grandi interessi in gioco mettono in campo la pubblicità e gli investimenti pubblicitari che schiacciano come un Golia il Davide della notizia. E’ vero, Davide avrebbe la fionda. Ma è proprio la fionda dell’informazione che sempre di più in questi anni, a destra come a sinistra, gli è stata tolta. Chi si è arricchito nel mio campo grazie a questa “rinuncia” cui non si è affatto opposto ne porta tutta la responsabilità. O colpa. Nell’indifferenza pressoché totale di chi trova cerotti nel pane o vede diventare improvvisamente blu una mozzarella, e considera “normale” tutto ciò.

Tratto da http://notizie.tiscali.it

23 Giugno 2010

Autore:

admin


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