TURISMO – Che fine ha fatto la proposta di un casinò in Sicilia?
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TURISMO – Che fine ha fatto la proposta di un casinò in Sicilia?

Quando il bel mondo raggiungeva la Sicilia

L’idea di aprire un casinò in Sicilia è come un fiume carsico. Nel corso degli anni è scomparsa e riapparsa, con sfumature e valutazioni diverse. Per il mondo politico e imprenditoriale si tratterebbe di un vantaggio tanto sotto il profilo economico, che turistico. Molte le ragioni: gli incassi diretti, l’offerta di nuovi posti di lavoro, l’effetto traino che un casinò avrebbe sul turismo. Insomma, i vantaggi sono chiari al mondo politico e degli affari sin dal 1965, quando il casinò Villa Mon Repos di Taormina venne chiuso.

Il bel mondo raggiungeva la Sicilia

Un peccato perché era diventato negli anni un punto di riferimento anche per vip del mondo dello spettacolo da Gregory Peck a Marlene Dietrich, da Cary Grant a Charles Aznavour. Al casinò si esibivano cantanti di livello internazionale, le presenze erano significative, il bel mondo considerava questa destinazione come una delle mete per fine settimana di relax e sfide alla fortuna. Poi la procura di Messina fece chiudere la sala da gioco e anche la “dolce vita” scomparve, trasferita altrove. O per meglio dire trasferita al Nord, dal momento che i casinò in Italia  si trovano tutti nelle regioni del Nord, come se l’appennino Tosco emiliano facesse da confine ideale per coloro che vogliono giocare in Patria. Sopra questa linea immaginaria ci sono Venezia, Sanremo, Saint Vincent e Campione d’Italia, al di sotto nulla. Gli appassionati del gioco devono viaggiare, verso Nord o verso Malta, che si trova a un’ora di distanza andando a Sud, oppure passare all’on line.

Disegni di legge e proposte non sono bastati

In realtà in anni recenti ci sono state diverse proposte per aprire un casinò in Sicilia, con tante località che si sono fatte avanti da Taormina a Siracusa, da Catania a Trapani, da Monreale fino a Erice, Cefalù e Palermo. Di recente anche il sindaco di Castelmola, Orlando Russo, ha rilanciato il progetto, chiedendo di aprire un dibattito in proposito. Solo l’ultimo amministratore in ordine di tempo a tentare questa via. Nel 2004 era stata la deputata Eleonora Lo Curto a elaborare un testo di legge per l’apertura di casinò in Sicilia, finito poi in nulla. Nel 2014, poi, Michela Stancheris, assessore regionale al Turismo della Regione Sicilia, aveva proposto la stessa cosa, aprendo un dibattito che era stato ripreso nel 2017, dal senatore di Forza Italia Giuseppe Gibilino con un nuovo disegno di legge delega per l’apertura di case da gioco in Sicilia. Un piano che avrebbe permesso non solo di favorire il rilancio economico e turistico del territorio, ma anche di mettere un argine alle infiltrazioni mafiose. Un’idea interessante e ben articolata, che di nuovo però si è arenata nei palazzi romani.

La febbre dei siciliani per il gioco

Un blocco incomprensibile, soprattutto se si considera il fatto che i siciliani amano giocare e si dedicano a questa attività in modo assiduo. Secondo i dati del 2019, ogni siciliano ha speso 1.837 euro di media in giochi e lotterie, dedicandosi allo stesso modo all’online e al gioco fisico. Un dato che pone i siciliani al terzo posto in Italia, nella classifica per regione, dietro Campania e Lombardia. Un numero importante e in aumento rispetto all’anno precedente. Secondo le statistiche a giocare sono tanto gli uomini quanto le donne e le attività preferite sono il poker e le slot machine. La passione dei siciliani per le sfide alla Dea Bendata, peraltro, non si è fermata nemmeno durante il lockdown, ma ha leggermente cambiato pelle e formula.

Il digitale non ha modificato le abitudini

Nell’anno in cui il digitale ha trasformato il mondo  rendendo Internet il riferimento assoluto, per le pratiche burocratiche, il lavoro, lo svago e quindi anche il gioco, i siciliani hanno confermato le loro inclinazioni. In Sicilia nel 2020 sono stati investiti nel gioco oltre sette miliardi e mezzo di euro, con il gioco on line che è stato pari al doppio (4.773.295 euro) di quello fisico (2.753.376), per colpa di lockdown e chiusure delle sale. La provincia in cui si è speso di più è stata Palermo, con quasi 2miliardi e duecento milioni, seguita da Catania dove sono stati investiti poco meno di un miliardo e 700milioni e da Messina. Tutte città che si erano candidate per ospitare in casinò e che adesso, con la ripresa delle attività e il desiderio di recuperare affari e turisti, potrebbero rilanciare il progetto di una sala giochi siciliana e magari portarlo a compimento.

26 Maggio 2021

Autore:

redazione


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