Anatomia di una destra tutt’altro che sociale
“Cosa abbia spinto il PD a suicidarsi, non è dato sapere: di sicuro possiamo esser certi che – come accadeva al compianto Silvio – anche a Giorgia questo Partito democratico piaccia, se non altro perché non riesce a costruire un’alternativa valida e credibile.”
concepita come comunità etnica; l’aperta ostilità nei confronti dei gruppi minoritari e dei diritti civili, parafulmini acchiappavoti a costo zero; la finta svolta securitaria e l’allergia al dissenso, dall’informazione alla stretta contro i reati di opinione; l’avversione alla Costituzione e l’aspirazione non troppo nascosta a indebolire i pesi e contrappesi che bilanciano i poteri dello Stato, in favore della donna sola al comando.
Questi i cavalli di battaglia della destra attuale, che non ha assolutamente nulla né di sociale (vedi patto di stabilità e turboliberalismo), né di legalitario (vedi riforma Nordio, abolizione dell’abuso di ufficio, stretta contro le intercettazioni) al di là dell’efficacissima propaganda.
Io non voto Giorgia. Anatomia di una destra tutt’altro che sociale ha lo scopo di evidenziare le contraddizioni concettuali, storiche e critiche, non immediatamente visibili a chi non sappia guardare sotto il pelo dell’acqua, di uno schieramento che va da Fratelli d’Italia alla Lega di Salvini 2.0 e di Vannacci.
L’Italia, lo ripetiamo, è un paese “giovane”, la cui storia democratica è ancora più giovane, avendo ottanta anni scarsi. Governata da ristrettissime élite di notabili in età post-risorgimentale, appena avviato un lento e faticoso processo di integrazione delle masse nello stato unitario con il giolittismo, si è trovata a vivere per oltre vent’anni la dittatura fascista che ha calpestato diritti, libertà e democrazia. Gli italiani del 1948 non avevano familiarità con la democrazia, la partecipazione, i diritti e le libertà fondamentali che la Costituzione ha garantito loro. Nel DNA dell’Italia di allora, dunque, c’era ancora il pericolo autoritario, e i costituenti hanno evidentemente pensato che si trattasse, purtroppo, di un tratto per così dire “caratteriale” che la nuova Repubblica poteva avere ereditato dal passato regime. (…)
In effetti, l’italiano medio ha spesso la propensione ad affidarsi alla personalità forte e carismatica, anche a costo di rinunciare a qualche diritto a favore dell’irrazionale convinzione che un uomo (o una donna) al comando sia preferibile alla dialettica democratica, in nome di un inconsulto efficientismo quasi miracolistico. (da Io non voto Giorgia di Giovanna Musilli)
GIOVANNA MUSILLI, docente liceale di filosofia e storia, 44 anni, vive e lavora a Roma. Da sempre attenta osservatrice del panorama politico italiano, è molto sensibile alle tematiche scottanti nel nostro Paese. Dopo il dottorato di ricerca in Storia della filosofia antica, conseguito nel 2012 presso la Sapienza, sta attualmente svolgendo il suo secondo dottorato in Storia della filosofia moderna e contemporanea presso l’Università Lateranense. Fa parte del comitato editoriale della rivista di studi filosofici “Il cannocchiale”, edita da ESI – Edizioni Scientifiche Italiane. Io non voto Giorgia è il suo primo libro.
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