Partito Democratico tra vinti e vincitori
PD siciliano immobile, tra commissariamento e soluzione politica. Stallo che, seppur con sfumature, ragioni e protagonisti diversi, pervade il Partito fin nelle sue articolazioni periferiche. E’ il caso di Messina, dove Giacomo D’Arrigo ha denunciato con forza l’immobilismo del partito, la sua gestione monolitica, l’atteggiamento censorio della Federazione nei confronti del dissenso. Appello al confronto, quello di D’Arrigo, sottoscritto da un nutrito gruppo di iscritti.
Per saperne di più abbiamo rivolto i nostri interrogativi all’avvocato santagatese Nicola Marchese, membro dell’Assemblea Nazionale PD e coordinatore provinciale di “Sempre Avanti”.
Il PD siciliano. Scongiurato il commissariamento?
Le note vicende del Congresso Regionale del PD siciliano dello scorso dicembre sono al vaglio della Commissione di Garanzia del Partito. E pare che i tempi siano maturi per una decisione. Nel frattempo però la “diplomazia” sta cercando di ricucire lo strappo creatosi con l’abbandono della competizione congressuale da parte di Teresa Piccione e con la conseguente proclamazione di Davide Faraone, unico candidato rimasto in campo. E’ chiaro che una soluzione cruenta (la decisione dei ricorsi), farà male ad un Partito Regionale che comunque vive un innegabile momento di difficoltà. Sarebbe comunque e sempre preferibile una soluzione “politica” di una vicenda che, per fortuna, non ha inciso in modo negativo sui risultati delle Elezioni Europee. Se fossi in Zingaretti farei qualunque sforzo per non allargare quello strappo.
La soluzione politica, che vedrebbe favorire la linea Faraone, può prescindere dal chiarimento politico in seno a tutti gli organismi di rappresentanza, circoli, federazioni provinciali? Qual è l’umore della base?
La soluzione politica avrebbe un senso – io credo – proprio per non dovere distinguere tra vinti e vincitori di una contesa che non ha giovato né al Partito “Organizzazione”, né al Partito “Comunità”. E’ chiaro che non si tratta di un rebus di facile soluzione. Perché a questi fragili equilibri si sovrappone la partita più importante, quella nazionale. Le pagine dei giornali di ieri e di oggi sono piene dei termini di un dibattito interno volto a riscrivere le regole interne del partito, la vocazione, i ruoli, l’assetto organizzativo e le regole congressuali ai vari livelli di partecipazione. Argomenti che sono legati a doppio filo alla stessa identità politica del Partito Democratico in questi suoi appena 12 anni di vita ed al ruolo che deve avere all’interno del Paese.
È chiaro che la soluzione politica che si auspica dovrà passare non solo dalla ricostruzione, attorno alle figure di maggiore esperienza, di un gruppo dirigente credibile e coeso ma anche dalle realtà più periferiche del Partito. Che probabilmente, in gran parte, saranno chiamate a nuovi congressi. Bisognerà finalmente mettere mano al tesseramento – al momento congelato – per provare a usare il defibrillatore sul petto dei circoli…
Dell’umore della base ormai è difficile pure parlare. Perché io credo che il PD abbia perso la sua “base” storica. L’esperienza Renziana alla guida del Partito ha, non dico determinato ma, certamente favorito un cambiamento significativo del modello di partecipazione. Ma è la società che è cambiata tout court, e con la società cambia anche il modo di aderire ad una formazione politica, il modo di partecipare ai processi politici e più raramente decisionali, il rapporto con le istituzioni. Tutto insomma. La crisi del PD in Sicilia (se ne vogliamo parlare) non è causa solo del PD. La società nel suo complesso, spinge fatalmente in una direzione opposta a quella aggregativa, liberale e solidaristica. Sarà utopia, ma io continuo a pensare che la perdita di identità del nostro mondo, anche di quello che ci sembra più vicino, si possa contrastare solo sul piano politico-culturale. Dall’altro lato della barricata che cosa pensiamo che stia facendo Salvini ? Fermare l’immigrazione? Regolarla? Contrastare meglio la criminalità comune od organizzata? Fare diminuire i reati commessi e migliorare i servizi di prevenzione e sicurezza? Abbassare le tasse? C’è qualcuno in Italia che, dati alla mano, può davvero sostenerlo? Ovviamente no. Ma Salvini sta riuscendo nell’unica cosa per la quale ha interesse: un’operazione politico-culturale. In senso deteriore, è ovvio, ma pur sempre un’operazione politico – culturale. Efficace. Incisiva. Volta a cambiare radicalmente il rapporto dei cittadini con la comunità interna e internazionale, il rapporto con le istituzioni, il rapporto di alcune istituzioni (soprattutto quelle di polizia) con i cittadini, la percezione degli organismi internazionali di cui storicamente siamo parte integrante, il distacco ideale con i principi e con i valori costituzionali.
Ecco, io credo che se il PD vuol fare bene, deve “osservare” molto attentamente Salvini… al di la dei singoli episodi. E riflettere su come si produce nel Paese una controspinta anti-reazionaria, liberale e autenticamente democratica.
Cosa sta succedendo a Messina. Il manifesto D’Arrigo
Il manifesto D’Arrigo non è una iniziativa personale, ma un invito a riprendere una reale e partecipata attività nel Partito, condivisa e sottoscritta da oltre sessanta tra componenti della direzione provinciale, amministratori, segretari di circolo e semplici iscritti di tutte le mozioni e le aree del partito.
Giacomo D’Arrigo, che tutti conosciamo per essere stato tra l’altro il Direttore dell’Agenzia Nazionale Giovani, lamenta da circa un anno che l’esperienza della Segreteria unitaria della Federazione Messinese non sia esattamente un successo. E che sotto il profilo politico non sia più sostenuta da tutti e non tutti vi si riconoscono più o più vi prendono parte.
Onestamente è difficile dargli torto. Il Segretario Provinciale è persona di grandi capacità e duttilità. E dopo una prima fase incerta ha gestito meglio il rapporto con la deputazione nazionale e regionale, soprattutto in relazione alla nota vicenda del ricorso che vede contrapposti l’on. De Domenico e l’on. Laccoto. A sua parziale “discolpa” certamente va riconosciuto che Starvaggi è stato impegnato nelle varie campagne elettorali (appena un anno fa nelle Amministrative in Città). Ma secondo me si è smarrito quello che doveva essere lo spirito di quel congresso. Basta andare a rileggere la “corrispondenza” pubblica scambiata a quel tempo tra Starvaggi e Calanna per rendersene conto. Ci sono considerazioni di Francesco che sono ancora attualissime… In due anni non è mai stata ufficializzata una segreteria stabile e con deleghe definite ed a prescindere da questo aspetto, che può perfino ritenersi secondario, il Partito – nonostante lo sforzo encomiabile di tanti consiglieri comunali – è stato poco presente e poco attivo sui temi della città e del territorio dell’ex provincia. Eppure i temi che a Messina il PD dovrebbe fare propri, che dovrebbe anzi letteralmente presidiare, sono tanti (i diritti civili, la lotta a tutte le discriminazioni, la condizione delle donne nella nostra società, le politiche sanitarie, quelle inerenti le disabilità e la interconnessioni con il mondo della scuola e dell’università, la valorizzazione e lo “sfruttamento” del patrimonio artistico-culturale ai fini occupazionali, il tema dell’ambiente riconnesso a quello della salute dei cittadini, quello dei trasporti, delle infrastrutture, del turismo, dei servizi offerti dagli uffici giudiziari e delle loro difficoltà logistiche e organizzative etc.) e non possono essere assorbiti tutti – sarebbe umanamente impossibile – anche dalle migliori esperienze parlamentari ed istituzionali che pure possiamo vantare. Perché, questo va detto, nel Pd Messinese ci sono donne e uomini di straordinaria qualità. Al cittadino non interessa più avere o meno una tessera di partito. Interessa percepire se una formazione politica si occupa dei problemi della vita quotidiana e del territorio o meno, pur mettendo in conto che alcune soluzioni possono arrivare solo nel medio e nel lungo periodo. Ecco io non ho visto in questi due anni un concreto interesse per questi temi, un’idea di fondo, un progetto ideale da offrire alla comunità. Prospettive che non siano più solo speranze. Nella loro scientifica distorsione della realtà, le altre formazioni politiche lo fanno, soprattutto lo fanno Lega e M5S. Finendo per ingannare i cittadini come accaduto per esempio per la vicenda dell’Ilva, del TAP o della TAV… Tuttavia, per tornare all’esperienza provinciale, sarebbe ingiusto pensare che le responsabilità in questo senso siano solo del vertice della Segreteria. C’è una comunità intera che dovrebbe rimettersi a pensare a come vuole il futuro del nostro territorio. A progettare con ambizione e fiducia. A non piangersi addosso da un lato, ma a non accontentarsi dall’altro. Chissà, forse l’occasione della elezione del Consiglio Metropolitano potrebbe finalmente essere il momento in cui si smette di parlare soltanto di liste e poltrone e si torna a parlare alla gente di progetti per il territorio.
Registro poi positivamente le dichiarazioni dell’on De Domenico, anche in vista dell’assise del 12 luglio all’Hotel Royal (con il vice segretario nazionale De Micheli) e della prossima direzione provinciale del 15 luglio; un appello all’unità nel rispetto dei distinguo che devono arricchire e non preoccupare. Come in un Partito Democratico sempre dovrebbe essere. Senza che chi esprime posizioni minoritarie sia considerato eretico e giudicato “sgradito” nella comunità. “Aprire porte e finestre” come metafora per aprirsi alla società ed al mondo è una bella cosa, ma è tutto inutile se prima non si apre la mente a chi la pensa diversamente, se si continua a restare prigionieri delle proprie paure, delle proprie ambizioni personali, dei propri limiti.