Una sinergia al femminile: la dottoressa Vincenza Sicilia e la Professoressa Marilia Gugliotta per il “ben-essere” delle donne
Ci sono tanti modi per “celebrare” le donne, ma quello migliore è riconoscerne il valore tutti i giorni e, soprattutto, riflettere sempre sulla loro specificità, nel mese di marzo in particolare sia perché a loro è dedicato l’8 marzo, sia perché è il mese della primavera, di Proserpina che ritorna sulla terra.
E’ quello che ha realizzato la sinergia di due donne, l’Assessore dott.ssa Vincenza Sicilia dell’Assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Sinagra, e la prof.ssa Marilia Gugliotta, Presidente dell’Associazione Onlus “Il filo della memoria” di Librizzi con il convegno “Marzo in rosa” distinto in due momenti: l’incontro culturale di Domenica 13 marzo “Una primavera per le donne: Alda Merini.
Storia di una poetessa e di una donna alla ricerca dell’identità”, e quello di Giovedì 24 marzo su “Ben-essere è donna. La pratica della prevenzione per la salute al femminile”.
Nella bella cornice della sala convegni di Palazzo Salleo di Sinagra, durante il primo appuntamento si sono alternate la Prof.ssa Lo Presti Maria Lucia che ha affrontato il caso Merini, e la dott.ssa Catena Camuti. La prima ha sviluppato il tema delle difficoltà che Alda Merini ha dovuto affrontare sin dall’adolescenza per affermare la sua identità, soprattutto per alcune specificità psicologiche non comprese prima dalla famiglia d’origine e poi dal marito.
I 20 anni si internamento non hanno soppresso, però, il suo amore per la vita e per la poesia, che dei dolori della poetessa è stata l’ostetrica di un felice parto, i versi dolorosamente vitali che l’hanno consacrata tra le voci più autentiche della poesia italiana del ‘900.
La dott.ssa Camuti ha poi affrontato i disturbi psichici nelle donne, che ne soffrono di più, anche perché la salute mentale da sempre ha costituito un terreno fertile per sviluppare le differenze pregiudiziali tra uomini e donne.
“L’esperienza della Merini – ha sottolineato la dott.ssa – ci porta a riflettere su due ordini di problemi: il rapporto della donna sia con la salute e in particolare con la salute mentale, sia con l’uomo e con la società: solo apparentemente la vita della donna è migliorata, mentre persistono pregiudizi, ingiustizie, carichi di lavoro da costringerla ad uno sfibrante multitaskin che non sempre è ripagato da maggior credito giuridico e sociale”.
Il disturbo depressivo, fra l’altro, mostra una prevalenza più che doppia nelle donne rispetto a quella osservata negli uomini.
La stima è che una percentuale di donne fino al 25% sia destinata a soffrire di depressione in un qualche momento della vita. Svariate le cause e i fattori di rischio specifici per la donna: difficili condizioni di lavoro, problemi di povertà, fame, malnutrizione, violenza sessuale e domestica, disuguaglianze di genere.
Cosa bisogna fare per promuovere la salute della donna? Intanto monitorare e individuare i fattori socioculturali, economici, legali e ambientali che incidono sulla salute mentale delle donne, costruire un modello, basato sulle differenze di genere dei bisogni sanitari, in modo da poter poi analizzare i determinanti critici della salute mentale femminile, individuare i fattori di rischio specifici di genere e intraprendere azioni specifiche sia per prevenire sia per curare.
Promuovere la salute di genere e prevenire il disagio psicologico delle donne non è compito che si può assumere solo il servizio sanitario, perché solo con l’azione sinergica di famiglia, individuo e scuola si potrà vincere la battaglia perché la donna “stia bene” con se stessa e con gli altri.
Bisogna lavorare, infatti, perché il malessere familiare diventi benessere, praticando sentimenti che sembrano scontati ma che, di fatto, non lo sono: comprensione, accettazione, valorizzazione, cura, rispetto e amore.
A livello individuale, invece, ciascuna donna può attivare un processo di “empowerment”, parola inglese che può essere tradotta in italiano con “conferire poteri”, “mettere in grado di”. Le donne dovrebbero diventare protagoniste di un processo che attraverso esperienze di apprendimento faccia loro superare condizioni di impotenza, per realizzare un “saper fare” e “saper essere” caratterizzati da fiducia in sé, capacità di sperimentare e di confrontarsi con la realtà circostante.
La prof.ssa Lo Presti ha poi sottolineato il ruolo della scuola nella prevenzione del disagio femminile. Intanto le professoresse sono portatrici di un’identità femminile che può essere molto importante per contribuire alla definizione di una personale specificità. Le donne prof., infatti, hanno un dovere di equilibrio nel loro modo di presentarsi e tenere i rapporti con la classe che va ben oltre i contenuti delle discipline: è una questione di stile che deve sfuggire a giovanilismo esasperato, ad abbigliamento fuori luogo e a vistose eccentricità.
Quanto più serenamente le prof. vivranno le loro rughe e accetteranno i segni del tempo che passa, tanto più credibili saranno nel momento in cui si accosteranno a trattare argomenti di attualità quali l’uso della chirurgia plastica nelle adolescenti o l’ossessione delle diete.
A scuola, poi, non poca importanza avrà la prospettiva maschile nell’affrontare i problemi: se, infatti, ciascun maschio può avere una propria idea del “femminile”, il ruolo di educatore gli dovrebbe imporre di lavorare per abbattere l’idea che all’uomo piacciano le “bambole di plastica”(silicone, botulino o quant’altro si usa per sollevare il seno e riempire le rughe con l’illusione di abbattere il tempo). I prof .e le prof. dovrebbero, cioè, essere in grado di concertare un’azione sinergica per abbattere gli stereotipi dei media.
Altro aspetto importante è l’attenzione alla persona, a tutti gli allievi ovviamente, ma in particolare alle ragazze.A scuola i docenti possono monitorare importanti variabili di stile: da un abbigliamento o un’abitudine alimentare che cambiano all’improvviso ( alcune ragazze smettono di fare merenda in ricreazione e rifiutano di mangiare un dolce o un gelato in alcune occasioni conviviali), a cali di umore, ad atteggiamenti improvvisamente distruttivi, ad esplosioni provocatorie sia nei confronti dei compagni che dei professori. Tutti questi aspetti dovrebbero spingere i docenti ad un dialogo mirato con le studentesse, ad un coinvolgimento dei genitori per affrontare un cambiamento che non può essere né trascurato, né camuffato, servendosi anche degli psicologi del servizio CIC (Centro Informazione e Consulenza) di ogni istituto.
Un’azione sinergica tra individuo, scuola e famiglia può migliorare la condizione delle donne. Come dice la psicologa Silvia Vegetti Finzi: “Cominciamo noi donne a riflettere su cosa significhi essere donna, ad essere orgogliose di dare la vita, di curarla e mantenerla quotidianamente; rivalutiamo il nostro potenziale affettivo, intellettuale, etico, accettando però di valutare adeguatamente anche l’apporto maschile che completa e supporta il ruolo femminile. Forse, proprio partendo da una differente impostazione del rapporto uomo-donna nella famiglia e nella società potremo porre le basi per un nuovo paradigma etico”.
L’incontro si è concluso con l’intervento del Sindaco, dott. Gaetano Scarso che, nel riconoscere l’importanza dell’iniziativa, ha auspicato una costante collaborazione tra l’Assessorato alle Pari Opportunità e l’Associazione “Il filo della memoria” per promuovere altri momenti di riflessione su questo tema o su altri aspetti problematici del nostro inquieto presente.
Intanto quello più prossimo è l’appuntamento di giovedì 24 marzo a Librizzi, dove alle ore 17,00 al Centro studi “Nuova agorà”, sede dell’Associazione “Il filo della memoria”, si affronterà il tema “Ben-essere è donna. La pratica della prevenzione per la salute al femminile” trattato dai medici Vincenza Sicilia, Giuseppe Ioppolo e Salvatore Sidoti.
Prof.ssa Maria Lucia Lo Presti