Miracolo fico d’India, uno dei 50 alimenti del futuro

L’evento è patrocinato dall’assessorato regionale dell’Agricoltura dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea e dal comune di Piraino.
Start della manifestazione alle ore 12,00 quando si apriranno gli stand dedicati , tra gastronomia e artigianati, al fico d’india. e si avvieranno le degustazioni.
il PROGRAMMA

ore 12,00 – Apertura stand espositori (artigianato, enogastronomia)

ore 12,00 – 13,00 – Cocktail di benvenuto al ficodindia a cura dell’Istituto Alberghiero di Brolo

ore 13,00 – 16,00 – Degustazione gratuita a cura di: Trattoria da Costanzo, Ristorante Oasi, Il Pizzettaro, Murauto Bistrot (alle 13,30 show cooking a cura dello Chef Tindaro Ricciardo) e tanti altri stand di  artigianato e gastronomia

ore 16,00 – 18,00 – Intrattenimento per i bambini con: Laboratorio creativo, artistico e culinario (al termine attestato di partecipazione e gadget)

ore 17,00 – 18,30 – Conferenza: “Il ficodindia siciliano: storia, leggenda, valore  nutrizionale e composti benefici per la salute” a cura della Prof.ssa Anna Maria Pintaudi,(Ricercatrice UNIPA DPT Scienze e  Tecnologie Biologiche Chimiche e  Farmaceutiche) della Dott.ssa Domenica Repici, Pediatra e della Prof.ssa Maria Riccardello, Dirigente Scolastico Ist. Alberghiero di Brolo. Modererà la conferenza la giornalista Caterina Scaffidi Domianello.

In questo contest anche i saluti istituzionali del Sindaco, Salvatore Cipriano, e  dell’Amministrazione Comunale

a conclusione dell’evento: Degustazione di torta bavarese, al cioccolato bianco e gelèe di ficodindia

Ritornando al Ficodindia.

Secondo  Wwf e Knorr è una delle chiavi per un’alimentazione più sostenibile: resiste a temperature torride e con pochissima acqua. E si presta a gelati e marmellate. Nato nelle Americhe e da qui trapiantato anche in Europa, fa parte del paesaggio contadino della Sicilia, dove ne è diventato spesso un simbolo. Anche perchè il fico d’india siciliano rappresenta il 90% della produzione nazionale. Questo frutto ricoperto di spine e con una polpa gustosa e piena di semi fragranti, ha dimostrato di saper resistere a temperature torride e di aver bisogno solo di pochissima acqua per sopravvivere. Così dai terreni aridi e pieni di sassi, ma anche in riva al mare, dove una volta serviva a far siepi e divisioni, da sempre i contadini lo coltivano.

Quindi la  “festa” il 2 ottobre, a San Costantino a Piraino, ne svelerà i segreti.

La sua tolleranza all’arsura e alle torride temperature rendono questo prodotto uno dei 50 alimenti del futuro che, secondo il WWF e la Knorr, aiuteranno a un’alimentazione più sostenibile per il mondo.

Non solo Gelati e marmellate

C’è chi ha pensato ai derivati, tipo gelati, formaggi, marmellate, fino ai fritti ed alle insalate. Molti usano le “pale” essiccate in svariate pietanze.

NON SOLO FRUTTI

Se parliamo di alimentazione, per noi italiani il fico d’India è sinonimo dei suoi frutti. Ma nella sua zona di origine, il Messico, viene consumato anche come verdura. Ed è considerato un’autentica primizia: sono i cosiddetti nopalitos, le foglie giovani che vengono mangiate sia fresche che conservate. Ci si preparano insalate, zuppe e frittate, e sono dotate di proprietà nutritive ottimali, simili – spiega l’esperto – a quelle della nostra fagiolina.

Il fico d’India nella medicina popolare siciliana

In merito alle sue proprietà curative, la tradizione vede il fico d’India (soprattutto le sue pale, più correttamente chiamate “cladodi”) come una pianta quasi miracolosa. I nostri nonni sfruttavano le pale come decongestionanti e antinfiammatori, addirittura curavano le ossa rotte.  La medicina popolare siciliana non tardò a comprendere i benefici curativi di questa nuova pianta: i cladodi crudi, interi, al forno o in poltiglia, erano regolarmente usati per curare contusioni, ecchimosi, infiammazioni e persino per la febbre da malaria.

Tra gli studi di Pitrè, in Medicina Popolare Siciliana, si evidenzia un proverbio ancora oggi conosciuto in diverse parti dell’Isola: Quannu unu s’allavanca di ‘nna nucia. Sucu di pala vecchia, e babbaluci; E si sècuta e ‘un ni resta cuntentu: Cci metti ogliu e cira e erva di ventu (Quando uno precipita giù da un noce; (si deve adoperare) succo di pala vecchia di ficodindia; e se non migliora e non ne resta soddisfatto: adoperi olio con cera ed artemisia)

La scozzolatura e i suoi “bastardoni”

Seguendo un’antica tradizione, tra maggio e giugno in Sicilia e nelle altre regioni meridionali, si procede alla cosiddetta “scozzolatura”: per sollecitare la pianta alla seconda fioritura autunnale, vengono rimosse manualmente – con dei piccoli colpetti – i frutti appena nati, e le relative nuove pale.  I fichi d’India che cresceranno qualche mese dopo avranno meno fiori, ma dei frutti tardivi dalle pregiate (e ricercate) caratteristiche organolettiche, e prenderanno il nome di “scuzzulati” o “bastarduna”.

Secondo una leggenda, il fico d’India scozzolato nasce da una lite tra due contadini confinanti: volendo danneggiare il vicino di terra, il primo dei due (il “bastarduni”) tagliò i fiori sulle piante del rivale, convinto di aver rovinato la sua raccolta per tutta la stagione. Con le prime piogge, però, cominciarono a crescere dei frutti ancora più grossi e succosi, e la fruttificazione fu solo ritardata e portò un maggiore guadagno alla concorrenza.

Il fico d’India oggi e le prospettive per il futuro

fichi d’India oggi sono tra i più ghiotti e apprezzati frutti dell’Isola, oltre ad essere un importante alleato nell’economia territoriale. L’agricoltura siciliana negli ultimi decenni lo ha rinominato “petrolio verde”: con le nuove tecnologie sono stati scoperti tantissimi nuovi utilizzi di questa pianta nell’economia circolare (come la possibilità di creare una plastica biodegradabile dalle cladodi, da cui già si estrae la mucillagine per realizzare una particolare pellicola).

Oggi il fico d’India è un simbolo distintivo del paesaggio siciliano. Il “Ficodindia dell’Etna” è DOP dal 2003. Nel 2012 anche la città di San Cono (CT) ottenne il riconoscimento DOP come prima produttrice di fichi d’India d’Europa, rendendo la Sicilia seconda, a livello internazionale, solo al Messico e all’America.

UNA ‘SPUGNA’ ANTI-INQUINAMENTO

Altra capacità sorprendente è infine quella di assorbire altissime quantità di CO2. L’Opuntia ficus-indica è infatti in grado di fissare (e quindi eliminare dall’atmosfera) circa cinque tonnellate di anidride carbonica per ettaro di coltivazione, uno dei valori più alti tra le specie vegetali conosciute. E non solo, perché il fico d’India fa anche di più: tollera un ambiente con alte concentrazioni di anidride carbonica, e anzi vi prospera.