“Le scrivo, caro Direttore, con la speranza, che almeno una delle attività che portiamo avanti per tenere alta l’attenzione verso alcuni fenomeni criminali, spinga qualcuno verso quella pratica salvifica che è la denuncia. E se poi quel qualcuno diventa più di uno, forse potremmo migliorare le cure e tentare, non dico di debellare la malattia, ma quantomeno di renderla meno virulenta”.
I numeri sono impressionanti, circa 82 miliardi di euro sommando i 37,25 miliardi di capitale in prestito e i 44,7 miliardi di interessi restituiti.
Lo spaccato che l’ultima indagine Eurispes sull’usura ci consegna riguarda presumibilmente tre milioni di famiglie in Italia (12%) e un’azienda su dieci nel settore del commercio, dei servizi o dell’agricoltura.
La solita storia criminale invisibile che vede sguazzare in un mare di silenzio colletti bianchi, strozzini, mafiosi che delle crisi sono specializzati.
Sfruttando una posizione sociale intermedia, la loro professione, la capacità di acquisto della compiacenza, e le difficoltà di accesso al credito per le categorie in situazione di crisi finanziaria, questi soggetti, diventano erogatori di denaro e aspiratori di interessi illegali che spesso superano il 120%.
Gli ordini professionali, troppo spesso, stanno colpevolmente a guardare, nonostante le norme e i loro codici deontologici prevedano forme di reazione e tutela qualora un loro iscritto è condannato per reati gravi, specialmente se nell’esercizio delle sue funzioni professionali.
Sarei curioso di conoscere quanti “DASPO PROFESSIONALI”sono stati inferti a seguito dei comportamenti criminali riconosciuti negli ultimi anni.
Un’Italia intera sotto il giogo dell’usura, come descrivono le ultime stime, che vede sempre in testa le regioni del sud ma, e non è una novità, il fenomeno ha una diffusione sul territorio nazionale capillare.
“Per calcolare la permeabilità delle singole province al fenomeno usura, l’istituto di ricerca ha incrociato 23 variabili socio-economiche, compresi il livello di disoccupazione, quello di ricchezza complessiva del territorio e l’entità dei fenomeni estorsivi.
Se la media nazionale di vulnerabilità e del 44%, la maglia nera va a Parma , che si attesta al 100%: un dato che – secondo l’Eurispes – può dipendere anche dal perdurare dello stato di sofferenza del tessuto produttivo e sociale a partire dall’inizio della crisi del 2008.
Le organizzazioni criminali e chi pratica usura spesso si sostituiscono ai soggetti o le imprese che cadono sotto il loro giogo acquisendone gradualmente il controllo o la proprietà, senza trovare grandi opposizioni di sistema che ne impediscano l’avanzata.
Silenzioso come il nuoto di un subacqueo, il fenomeno è grande come l’oceano, antico e radicato.
La Riba, il termine islamico per chiamare l’usura, è condannata dallo stesso Maometto, tanto quanto da Ezechiele ma non bisogna essere tanto religiosi ne inquietare i profeti per comprendere che lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo merita battaglia.
Le scrivo, caro direttore, con la speranza, che almeno una delle attività che portiamo avanti per tenere alta l’attenzione verso alcuni fenomeni criminali, spinga qualcuno verso quella pratica salvifica che è la denuncia.
E se poi quel qualcuno diventa più di uno, forse potremmo migliorare le cure e tentare, non dico di debellare la malattia, ma quantomeno di renderla meno virulenta.
Alessio Micale
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