Un fatto grave e inaccettabile… a prescindere da tutto E tale lo giudica non solo l’amministrazione comunale di Torrenova. “Non siamo degni nemmeno di ciò che dovremmo custodire come un dono” ha detto tra l’altro l’architetto Pierluigi Gammeri commentando quanto accaduto.
Ed è anche “giallo” su chi o come sia avvenuto il fatto. Infatti sul luogo dicono alcuni testimoni c’erano uomini di un’impresa che dovevano curare alcuni interventi di messa in sicurezza e proprio le vibrazioni di questi avrebbero causato l’improvviso cedimento.
Infatti la Torre Leonzio, antica fortificazione nel territorio di Torrenova, detta anche Favara o Torre Marco, era da tempo in condizioni precarie e lo scorso 11 dicembre era stata emessa una ordinanza sindacale con la quale, visto lo stato di pericolosità del bene storico segnalato e accertato dall’Ufficio Tecnico, aveva intimato alla proprietaria del bene “l’esecuzione di opere che risultino indispensabili per la messa in sicurezza dell’immobile che si sarebbero dovuti realizzare sotto la guida di un tecnico abilitato, rispettando i vincoli di tutela e conservazione imposti sulla Torre dalla Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali.
Ma ieri è avvenuto il crollo.
Ed oggi, tutti, e non solo i terranovesi, siamo più poveri di “memoria”.
Interessante il commento dell’architetto Pierluigi Gammeri, attento osservatore di storie e luoghi.
Al netto dei dettagli (dei quali francamente mi importa poco o nulla) il fatto, di per se gravissimo, è sintomatico di un degrado più profondo che ci vede tutti sconfitti: abbiamo perduto il nostro rapporto con la storia.
Siamo ignoranti, rozzi, villani. Soprattutto, non siamo all’altezza.
Non siamo degni nemmeno di ciò che dovremmo custodire come un dono.
Siamo infantili: guardiamo con primitiva superficialità ciò che ha “resistito” perché siamo incapaci di riconoscerne il valore.
La stessa superficialità con la quale abbattiamo, nell’indifferenza generale, ciò che approssimativamente giudichiamo “vecchio”.
Stiamo portando via ai nostri figli la possibilità di avere una chiave di lettura, tasselli importanti della memoria, del paesaggio urbano.
Di contro, produciamo architetture anonime per una middle class anonima.
Ringhierine con fogge antiche, costruzioni oscene, finte, di una banalità a volte volgare, ma che infondo ci tranquillizzano, ci illudono di non aver perso nulla.
Siamo incapaci di produrre un linguaggio identitario perché abbiamo perso le tracce; non sappiamo da dove ripartire.
Non conosciamo e ri-conosciamo la storia.
Non abbiamo un’idea di futuro.
Abbiamo smarrito la bellezza che stava dentro la parola “civitas”.
Ecco, siamo incivili.
A quando il prossimo crollo?
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