Domenica 12 marzo su il Tempo, il giornalista\scrittore Gabriele Adinolfi parla della strage di quel tanto lontano ma così vicino 2 agosto a Bologna. Lui lancia un monito “C?è il rischio che la verità venga insabbiata in maniera inesorabile” e ne riparla su Scomunicando.it
L’intervista:
Dottor Adinolfi, una prima domanda più personale, se può dircelo, cosa ha lei in comune con la strage di Bologna?
– Qualcosa lo trovate su Wikipedia, ovviamente anche lì ci sono imprecisioni, omissioni e qualche invenzione. Ad ogni modo, sono stato coinvolto nelle indagini della strage di Bologna e sono stato oggetto di tre depistaggi, poi comprovati e caduti nelle sedi opportune.
Depistaggi? Ad opera di chi? E perché mai?
-Si, depistaggi organizzati dai servizi segreti italiani e non solo (troviamo immischiati anche i francesi e gli americani): Fui vittima di queste operazioni perché, sono stato tra i fondatori di Terza Posizioni e comunque persona influente nell’area della destra extraparlamentare.
Lei ha anche scritto un saggio sulla strage, qual è la sua tesi, e che cosa ci può dire di inedito sulla strage?
– Più che di mia tesi si deve parlare di fatti accertati e incontrovertibili. Alla stazione di Bologna erano presenti in quel momento almeno quattro estremisti rossi, tre dei quali terroristi abituali. Probabilmente in tutto erano almeno sei. Così come sostenne all’epoca la perizia tecnica del Sisde, la strage avvenne per l’esplosione in contemporanea delle due borse che contenevano l’esplosivo, un’esplosione avvenuta, secondo lo stesso rapporto, per un’esecuzione da lontano, in quanto essi sarebbero stati “sacrificati”. Benché esistano questi dati, si è fatto di tutto per coprirli, al punto di far sparire il cadavere di una vittima, la signora Frau, per impedire che l’arto ritrovato di uno dei cadaveri disintegrati, verosimilmente uno dei due portatori di esplosivo, dimostrasse che le vittime furono 86 e non 85 come si è voluto sostenere in modo da frenare le inchieste sugli ultimi giorni delle vittime vicine all’esplosivo che, pure, offrono risvolti interessanti. In chiave processuale si è voluto omettere tutto quanto si è scoperto al punto di contraddire le perizie tecniche senza però opporne di altre. Si doveva nascondere a tutti una verità troppo grossa da essere accettata, ovvero quella “unità e scissione” del sistema di potere, di controllo e di terrore ereditato da Yalta che si basava su connivenze inaccettabili, quali l’intervento di Gladio nei depistaggi per la strage di Brescia del 1974 per trarre d’impaccio il partito comunista. Due sole sono le domande che si possono ancora fare sulla strage di Bologna. La prima è dove erano diretti i portatori di esplosivo. Al supercarcere di Trani per far evadere la colonna romana dei Brigatisti Rossi e il capo guerrigliero palestinese Saleh oppure al porto di Taranto per commettere un attentato nello stesso giorno in cui l’Italia firmava insieme a Malta un accordo che toglieva l’ultimo ancoraggio russo nel Mediterraneo fuori dalla Siria? La seconda è, se non si trattò di incidente ma di un’esecuzione da parte di servizi stranieri, allora parliamo degli americani, dei francesi o degli israeliani? Nel romanzo storico che ho scritto su queste basi lascio aperte le porte aperte queste possibilità come è giusto che sia. Il resto è oggettivo ed evidente ma si vuole a tutti i costi raccontare un’altra verità
Veniamo al dunque, ha letto della sentenza che pare vada nella direzione opposta delle richieste e delle supposizioni che venivano dall’associazione delle vittime della strage?
– Si, ho avuto modo di leggere, ma vi dirò la verità, che i NAR non fossero collusi né manovrati dal “sistema” è assolutamente evidente, lo è sempre stato, ed altrettanto evidente è che questo genere di accuse rivolte all’estrema destra è servita a coprire quello che era il sistema terroristico e il modus operandi delle cellule legate al Partito Comunista Italiano. Sono stati dati all’estrema destra i comportamenti propri dell’estrema sinistra.
E’ quindi soddisfatto che in qualche modo anche la magistratura abbia riconosciuto il fatto che i fascisti non fossero, come alcuni hanno sempre detto, “servi del sistema”?
– Queste accuse le abbiamo sempre ignorate, alcune bocche non le ascoltiamo. Ma devo confessarvi una cosa, un po’ questa sentenza mi fa paura, la leggo con sospetto, perché dice una sacrosanta verità che può essere usata però affinché la verità più grande possa essere nascosta per sempre.
Cioè? Non capisco…
– Questa sentenza potrebbe essere la scusa che lo stato può utilizzare per concludere le indagini e per evitare di far luce sulla vicenda.
E cosa c’è ancora da scoprire?
– Si hanno le prove, gli atti, e Priore e Cutonilli lo hanno scritto e detto con ogni mezzo, che erano presenti in loco nelle ore precedenti allo scoppio almeno sei terroristi dell’area del terrorismo di sinistra. Si sa inoltre che l’esplosione è avvenuta durante un trasporto di esplosivo che apparteneva a loro e doveva essere utilizzato per un sabotaggio ad opera dei servizi segreti.
E allora perché Fioravanti e i suoi “camerati” sono considerati responsabili dell’attentato?
– Si mantiene la falsa verità di Fioravanti, Mambro e Ciavardini, con ultimamente l’estensione delle indagini contro Cavallini, per interessi politici di parte e perché non si vuol parlare degli intrecci dei servizi segreti che dal dopoguerra sono responsabili di numerosi misteri per i quali, pagano innocenti e che potrebbero dare risposte anche sulla gestione odierna del terrorismo islamico.
Quindi vuole dirci che molte stragi avvenute sono opera dei servizi?
– Sostengo con una certa convinzione che i servizi italiani abbiano partecipato a depistaggi, ma non che siano autori di stragi. Probabilmente le stragi sono opera di servizi stranieri ufficialmente alleati. Per quanto riguarda invece le numerose stragi involontarie causate da imperizia, queste non sono opera dei nostri servizi ma dei partigiani rossi, antichi e nuovi, come quella di Brescia, dove è stato calato il silenzio, appunto dagli apparati e perfino da Gladio, per evitare di far conoscere le indubbie responsabilità comuniste.
il libro sulla strage si può ordinare via internet al link http://gabrieleadinolfi.eu/acquista-online/431-bologna.html
Per saperne di più
L’intervista ad Adinolfi alla presentazione del libro pubblicata da Francesco Marotta l’8 febbraio 2014 su La Destra
Gabriele Adinolfi scrive il suo primo romanzo e per la prima volta veste i panni inediti di un romanziere.
Cosa ha spinto lo scrittore, conferenziere e saggista, autore di “Le api e i fiori” (Edizioni 451, 1999), “Nuovo Ordine Mondiale tra imperialismo e Impero” (Barbarossa editore, 2002), “Noi Terza posizione” (Settimo sigillo, 2000), “Tortuga, l’isola che (non) c’è” ( Barbarossa editore, 2008) e di innumerevoli saggi politico-economici, ad abbandonare solo per poco tempo la direzione della Rivista Polaris e i corsi dell’Accademia per la politica dell’omonimo Centro Studi ? La lettura degli articoli mai banali sul sito da lui ideato www.noreporter.org, votati ad un’informazione priva di deformazione, può attendere così come i resoconti dettagliati che puntualmente pubblica a termine delle innumerevoli conferenze che lo vedono presente in Italia e all’estero.
Come questo romanzo storico “Quella strage fascista, così è se vi pare”, di 184 pagine coinvolgenti, possa suscitare delle domande libere da ogni catalogazione fuori dagli schemi. Tralasciando, a maggior ragione, le abbondanti ricostruzioni fittizie sugli accadimenti che sconvolsero la politica e la società italiana negli ’70.
Facendo nostra l’esclamazione tipica di un regista, “buona la prima”, cosa l’ha spinta a scrivere il suo primo romanzo storico e qual’ è l’idea centrale di “Quella Strage Fascista, così è se vi pare” ?
Provare a cogliere il senso vissuto di qualcosa che altrimenti ci raffigureremmo in bianco e nero.
La vita è complessa e semplice allo stesso tempo. Complesse e semplici sono la vita politica e quella guerriera. Quando le si ripercorre a ritroso si tende sempre a semplificare; per semplificare si finisce immancabilmente con l’ignorare o con il rimuovere qualcosa d’importante se non d’essenziale.
Se si mette l’accento sull’esperienza umana di chi è stato coinvolto negli anni di fuoco, allora tutti i meccanismi e tutte le immancabili manipolazioni scompaiono o diventano fattori irrilevanti. Se ci si focalizza invece sui burattinai, l’aspetto umano, la spontaneità, l’imponderabile spariscono.
In tutti i casi si ottiene un film unidimensionale o una fotografia sfocata. Quando poi si tenta di andare più a fondo nelle logiche che stanno dietro le quinte della commedia della vita si scopre che queste sono molto diverse dai copioni usuali e il risultato è così contrastante rispetto alla vulgata comune che si passa per pazzi.
Se invece si mettono in scena attori veri, che nella narrazione acquisiscono vita propria, che si muovono da sé e rivestono in modo personalizzato il ruolo che la grande tragedia ha richiesto loro, credo che si dia finalmente uno squarcio reale e credibile di autenticità.
Questa è l’idea per la quale ho deciso di cimentarmi in un romanzo storico, fondato su dati concreti volutamente misconosciuti. Un romanzo storico che, proprio in quanto tale, contrasta con la storia ufficiale che non è storia. Un romanzo che potremmo chiamare di controstoria ma sbaglieremmo in quanto esso è storia mentre controstoria è quella ufficiale.
Paradossi della società dello spettacolo.
Il personaggio principale del suo romanzo, percorre alcuni degli accadimenti che modificarono radicalmente la geografia politica del Mediterraneo. Tra l’aprile e il settembre del 1974, cosa accadde di così sconvolgente ?
Non so dire chi sia esattamente il personaggio principale del mio romanzo: il camerata Alessandro d’Augusto? Credo che di personaggi principali ne abbiamo diversi. A ripercorrere in modo più compiuto il 1974 mi pare che sia però un personaggio secondario, l’agente moroteo dei servizi segreti dottor Giacchetta. Il quale la prende da lontano: dalla crisi di Suez del 1956 momento a partire dal quale alcuni settori del nostro governo scelsero di recuperare influenza nel Mediterraneo sotto l’ombrello americano (e in parte russo) in contrasto con francesi, inglesi e israeliani.
Il 1974 rappresentò il culmine di un contrasto interno all’egemonia americana, con la vittoria di Kissinger su Nixon e con il varo del nuovo corso Trilateral favorevole all’apertura ad est, alle sinistre comuniste e con lo smantellamento dei governi forti nel Mediterraneo.
Il 1974 vide nell’ordine la caduta del regime portoghese; l’elezione in Francia di Giscard d’Estaing, il liquidatore del gollismo, che varò la prima amministrazione presidenziale della storia sotto marca trilaterale; la svolta in Italia con il referendum sul divorzio, l’offensiva delle Brigate Rosse, due stragi e il consequenziale ingresso comunista in area di governo; la caduta dei colonnelli in Grecia; l’impeachment del Presidente Nixon in Usa e il varo della prima amministrazione trilaterale alla Casa Bianca con Ford.
In Italia – che aveva perso ogni ombrello – la partita si giocò in una vera e propria jungla in cui, oltre ai servizi dell’est, misero il carico i nostri “alleati” nemici che flirtarono con ogni terrorismo per assestarci colpi di guerra asimmetrica. In particolare s’immischiarono francesi e israeliani i quali ultimi già avevano dato fuoco alle polveri l’anno precedente con l’abbattimento del nostro aereo militare Argo 16 con nostri ufficiali dei servizi a bordo e con la strage davanti alla Questura di Milano, commessa da un anarchico partito da un kibbutz, con ami israeliane, che aveva ottenuto l’apporto logistico da quella stessa ultrasinistra meneghina che aveva cooperato con Feltrinelli all’epoca del massacro di Piazza Fontana e che ritroveremo poi nell’ala intransigente delle Brigate Rosse, l’ala che farà capo alla leadership trozkista che opererà dalla Francia in cooperazione disinvolta con i servizi israeliani.
Quale ruolo giocarono nello stravolgimento dello scenario Botteghe Oscure, tutto il corollario della sinistra liberale all’interno della Democrazia Cristiana e i servizi segreti italiani ed esteri?
Si deve partire da una premessa. La famosa formuletta così tanto rimasticata “Strage di Stato” è falsa. In Italia tutti quanto avvenne dipese proprio dall’assenza dell’idea di Stato e della sua sovranità.
Dal 1943 in poi (dal 1945 per i più fortunati) l’Italia è un Paese lottizzato, dominato da bande in cui la delinquenza, l’ideologia e l’interesse si confondono e alle quali una visione comunitaria è aliena.
La svolta di Kissinger tolse all’Italia qualsiasi difesa ed essa divenne così terra di scontro. Scontri tra apparati dell’est e dell’ovest ma soprattutto scontri tra nostri “alleati” e nostre posizioni.
In Italia ogni parte si mise con machiavellismo da osteria a giocare la sua partita a scacchi e fu complice di tutto quello che accadde. Con duplicità estrema. Il Partito comunista per esempio, dal 1967 al 1974 favorì, promosse, organizzò, la lotta armata ma al tempo stesso si pronunciava contro, chiamava i lavoratori a manifestare contro le BR che non smise di armare e proteggere fino a quando non fu cooptato nell’area di governo e le lasciò, allora e solo allora, al controllo del Partito socialista e alla relazione preferenziale con l’ultrasinistra operaista.
C’e’ chi scommette che i segreti legati a Hyperion, la scuola di lingue fondata a Parigi da alcuni rappresentanti della sinistra extraparlamentare di casa nostra, Duccio Berio, Vanni Mulinaris e Corrado Simioni, fosse in realtà solo una copertura per operazioni sovversive. Sui panni sporchi mal celati lungo gli argini della Senna, cosa ne pensa e che giudizi ha in merito al caso Battisti ?
C’è chi scommette che dopo luglio viene agosto o che Tyson era un pugile.
Il caso Battisti però è un epifenomeno, un episodio collaterale che ha poca importanza nell’insieme. La riveste se si analizza chi si è speso per la sua difesa, se si rilegge il passato e le frequentazioni negli anni settanta della sua illustre madrina, frequentazioni che ricordano molto le ville fiorentine e gli ambienti esoterici e artistici che disegno nel mio romanzo. Se poi si studia dove e come quel personaggio abbia trovato asilo in Brasile si trovano conferme sulla presenza permanente dell’Internazionale trozkista e del suo ruolo di punta nel terrorismo internazionale. Ma questo è tutto riguardo il miserabile.
Gli attentatori della strage di Bologna, compiuta il 2 agosto 1980 in prossimità della stazione ferroviaria, sono ancora impuniti. Carlos Ramirez Sanchez, soprannominato “lo Sciacallo”, marxista-leninista filo arabo, ne ha dato una sua versione. Non crede che la pista palestinese possa celare qualcosa di più articolato come un probabile coinvolgimento di Crise e d’Hypérion? Un’orchestra diretta a più mani dai passionari della secolarizzazione del “filo rosso” e da centrali del Capitalismo liberale ?
Qui usciamo un po’ dal tema del mio romanzo. Sulla strage di Bologna, ovviamente, mi sono concentrato non poco visto che sono stato per ben tre volte oggetto di tentativi d’impistaggio da parte dei servizi pidduisti e che, in ogni caso, quella strage con le sue persecuzioni mi ha cambiato la vita.
La mia ricostruzione è la seguente. Il 2 agosto 1980 firmavamo con Malta un accordo che di fatto estrometteva le navi russe dal Mediterraneo.
Il gruppo di Carlos lavorava per l’HVA della Stasi, coordinato da Wolf.
Va detto che l’HVA – punta di diamante dell’apparato filosovietico ad ovest – era considerato dagli israeliani un servizio amico, benché armasse una parte della resistenza palestinese. Ma si trattava di quella nemica di Arafat che aveva l’appoggio coordinato da Parigi, dapprima con il Réseau Curiel (che aveva una relazione privilegiata con l’Ambasciata israeliana) e poi tramite CRISE, struttura di Hypérion.
Escludo che gli uomini di Carlos che si trovavano alla stazione di Bologna intendessero colpire lì e ritengo pretestuosa e di scarsa credibilità la teoria dei neo-sionisti secondo la quale la strage sarebbe stata dettata dalla volontà di vendicare il dirigente palestinese Saleh arrestato per traffico d’armi.
Io penso – e alcuni messaggi in codice nei depistaggi successivi del Sismi me lo confermano – che essi si trovassero a Bologna per prendere in consegna l’esplosivo proveniente da Hypérion e recarsi a Taranto per commettere un attentato dimostrativo in una base navale.
Qualcuno – come denunciò immediatamente il Sisde – intervenne con un sabotaggio facendo saltare in aria i portatori dell’esplosivo.
Perché a Bologna? Perché di lì era partito il DC9 abbattuto sui cieli di Ustica che noi facemmo sostare senza ragioni apparenti per ben due ore nell’aeroporto bolognese affinché si trovasse puntuale sulla rotta sulla quale era prevista la rappresaglia Nato dove lo sacrificammo per proteggere qualcun altro.
Fu quindi un grande “alleato” che ci punì del nostro doppio gioco.
In quanto alla pista Saleh, è talmente ridicola che basta documentarsi. Non appena in Italia prese funzione il primo governo totalmente sionista, con Giovanni Spadolini, Saleh fu liberato… La prima disposizione di quel governo!
In quegli anni vi era una netta contrapposizione fra il blocco occidentale guidato dagli USA e quello comunista dell’ex URSS. Passati tanti anni non le pare che fossero a loro modo il rovescio della stessa medaglia ?
Francamente non lo scopriamo ora: lo abbiamo sempre detto. Di fatto ci fu più cooperazione tra Usa e Urss a scapito dei rispettivi “alleati” di quanta rivalità ci fosse tra le due superpotenze. Tutto cambiò tra fine anni settanta e metà anni ottanta con la velleità russa d’impadronirsi dell’heartland con l’impresa afghana e con la battaglia dello scudo spaziale persa dal Cremlino.
Ma in settantadue anni di comunismo sovietico i momenti di attrito reale tra Mosca e Washington si contano sulle dita di una mano mentre quelli di complicità sono innumerevoli e continuativi.
Con il senno di poi, non le sarà mica diventata simpatica la figura del Presidente Richard Nixon e non meno quella del suo sottosegretario di allora Henry Kissinger ?
Anche con il senno di prima. Puntualizziamo: la politica è tifo per chi la vive al bar. Per chi agisce o quantomeno per chi auspica la continuità di una lotta (io non ho mai smesso di sentirmi in combattimento) subentrano criteri di operatività. Sono i criteri tramite i quali si può considerare più o meno bene Craxi, Berlusconi, Castro, Chavez, Mitterrand, Strauss-Kahn.
Con questi criteri non solo è lecito ma è doveroso preferire Nixon a Kissinger o ancora un’amministrazione repubblicana a un’amministrazione democratica.
Senza stato d’animo, come si direbbe in Francia, ovvero senza immedesimazione, ma strumentalmente.
C’è troppa ideologia astratta nell’inseguimento di chimere antagonistiche: tutto questo falsa sempre il giudizio dei tifosi. Se i tifosi iniziassero a concepirsi come combattenti sarebbero molto più radicali e intransigenti con se stessi e molto meno estremisti e isterici nella rappresentazione della realtà.
Le accuse rivolte al protagonista del suo libro, sono le stesse che in larga parte vennero imputate a Cesare Ferri ?
Sì.
Nelle Note dell’autore è impossibile non soffermarsi su alcune righe in particolare. Sulla carcerazione preventiva sancita contro Cesare Ferri come in tanti casi analoghi: « le farneticazioni dell’accusa riguardo ipotetici sosia non sono un’invenzione letteraria ma, purtroppo, fanno parte della storia della nostra giurisprudenza e della nostra beffarda idea di libertà». Secondo lei e le sue esperienze trascorse in quegli anni, c’erano tutti i presupposti per una caccia alle streghe diretta ad alcune realtà della Destra in senso lato? Oppure, quella beffarda idea di libertà, racchiude in se un convincimento più ampio ?
C’erano tutti i presupposti e non ci poteva essere altro capro espiatorio.
Tuttavia, come sempre accade, ma nessuno se ne avvede mai, l’effetto è ricaduto a catena su tutta la concezione di libertà dell’intera società.
Tutte le restrizioni dei diritti e tutte le leggi speciali che vengono varate o invocate (contro gli ultrà, contro i fumatori, contro l’alcool, per l’omicidio stradale, per il femminicidio, per il controllo sul net ecc,,,) non colpiscono mai solo la categoria per le quali sono state ideate ma modificano nel profondo, destrutturandola, l’intera società.
Ma di volta in volta la gente attacca o difende a seconda delle simpatie. Sfugge a tutti l’oggettività.
E’ per questo, per esempio, che io mi sono pronunciato contro l’estradizione di Cesare Battisti per quanto repellente sia l’individuo. Bisogna sempre universalizzare l’effetto delle leggi; invece qui, a furia di parcellizzare, smantelliamo una società che continua a implodere.
Nel terzo capitolo lei cita le figure storiche del Movimento Sociale Italiano. Non ne fa un quadretto rassicurante. Cosa si sente di dire ad alcuni giovani che ancora oggi si rifanno al trascorso politico di Michelini, Almirante e Ruti ?
A dire il vero ho l’impressione di aver messo in bocca all’ex brigatista nero Pezzella una critica sincera ma abbastanza indulgente della dirigenza missina.
Non so se ci sono giovani che seguano modelli di dirigenti missini (o forse fantastiche auto rappresentazioni di un passato di cui san poco o niente). In ogni caso rispetto agli altri due, forse anche favorito dalle condizioni storiche, Arturo Michelini svetta tanto politicamente quanto umanamente.
Come scrittore e saggista si trova bene nei panni di un romanziere per nulla improvvisato ? Dobbiamo aspettarci l’inizio di un filone storico romanzato ?
Totalmente improvvisato direi. L’esperienza mi è piaciuta e, seppur ancor vago, nutro il progetto di una trilogia
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