Categories: Cronaca Regionale

VINCENZO AMATO – Dopo l’articolo su un periodico ” L’autentico sono Io”.

Vincenzo Amato è nato a Piraino il 21/01/1961.

E’ iscritto all’albo professionale del foro di Patti.

Ha lo studio in Patti, prende parte attiva della politica locale, milita nell’area del Pd, e recentemente è stato promotore delle iniziative di protesta sull’affaire del divieto di bruciare i residui vegetali agricoli nei fondi.

Ora è al centro di un equivoco, prima giudiziario, poi mediatico.

“Indagato”, “rinviato a giudizio”, “associato a delinquere”, “truffatore in danno dell’INPS”, ma il Vincenzo Amato citato, avvocato, e indagato,è di Palermo e non di Piraino ed ha quasi vent’anni più di lui.

Ecco il testo della lettera aperta.

Una semplice omonimia. Il rischio di distruggere la reputazione di una persona…..

Sono l’avv. Vincenzo Amato, nato a Piraino il 21/01/1961, iscritto all’albo professionale del foro di Patti, con studio in Patti Via M. Polo, 89.

Questi sono i miei dati ufficiali che risultano dall’albo al quale sono iscritto.

Opero soprattutto a Gioiosa Marea dove ho anche un recapito fisso, Piraino, Patti, Brolo.

Insomma nell’area dei Nebrodi.

Un esordio alquanto anomalo per una lettera aperta, ma le ragioni risulteranno ben comprensibili se avrete la pazienza di leggere fino in fondo queste mie considerazioni.

Una mattina di 4 anni fa mentre ero in procinto di uscire per recarmi in tribunale, squillò il campanello.

La mia collega, con la quale all’epoca condividevo lo studio, disse che probabilmente erano persone che cercavano lei alle quali aveva dato appuntamento ed andò a riceverle.

Continuai a prepararmi gli atti che mi servivano in giornata ed ero pronto per avviarmi.

Poco dopo tutta allarmata mi riferì che c’erano tre agenti del nucleo di polizia Tributaria di Messina che dovevano personalmente conferire con me riservatamente.

Ho pensato che si trattasse, come spesso accadeva, della notifica di qualche atto e tra me e me pensavo allo spreco che si faceva per la notifica di un atto impegnando addirittura tre agenti.

Li ho fatti accomodare ed ho subito notato che celavano un evidente imbarazzo.

Uno di loro, senza profferire parola, mi allungò un foglio e mi disse: “avvocato legga, capirà il motivo per cui siamo qui”.

Ancora non mi spiegavo le ragioni di tanto mistero.

Ho iniziato a leggere e sono rimasto impietrito.

La Procura della Repubblica di Messina aveva avviato un indagine sulle irregolarità nella gestione di alcune pratiche legali presso l’INPS ed io, assieme a tanti altri legali che si occupavano di cause pensionistiche, risultavo indagato per associazione a delinquere finalizzata alla truffa in danno dell’ente previdenziale perché avrei indebitamente intascato centinaia di migliaia di euro presentando parcelle gonfiate e duplicate con la compiacenza di alcuni funzionari ed ero destinatario di una misura cautelare reale, ovvero gli agenti di polizia erano stati incaricati dalla Procura di sequestrare presso il mio studio, procedendo ad eventuale perquisizione, un serie di atti quali prove della truffa.

Tutto mi sembrava allucinante in quanto in vita mia non mi ero mai occupato di cause previdenziali e mai avevo avuto a che fare non l’INPS.

Mi sono passati davanti in un baleno tutti gli anni della mia vita professionale cercando di capire da cosa potesse essere scaturita l’indagine, quale episodio avrebbe potuto innescare l’attività della Procura.

Niente!!!

Non trovavo alcuna spiegazione plausibile.

Ho rappresentato agli agenti che non era possibile quanto ipotizzato a mio carico in quanto io non avevo mai seguito pratiche pensionistiche, ne ottenuto liquidazioni all’INPS, chiedendo loro se fossero sicuri che la persona che cercavano fossi proprio io.

Quelli poverini, più a disagio di me, facevano rilevare che le generalità risultanti dagli atti erano proprio le mie e che dovevano procedere e mi invitarono, se lo avessi voluto, a nominare un difensore di fiducia per assistere alle operazioni.

Del resto non potevo dargli torto perché loro avevano quelle disposizioni e dovevano ottemperarvi.

Improvvisamente ho avuto un illuminazione: mi sono ricordato che un collega di Barcellona, mio omonimo (che sfortuna !!!!), anche se parecchio più anziano (è nato nel 1945), si occupava quasi esclusivamente di pratiche previdenziali ed aveva la convenzione con un importante patronato e quindi ho pensato che il destinatario dei provvedimenti potesse essere lui e che io fossi rimasto vittima di un errore.

Ho riferito il fatto agli agenti invitandoli ad effettuare le opportune verifiche per accertare il possibile errore.

Ma a loro dire si trattava di una evenienza impossibile perchè la Procura non avrebbe potuto commettere un errore del genere, ciò mettere sotto inchiesta una persona senza neanche controllare la data di nascita.

Io invece insistevo per verificare questa circostanza, tanto potevano perquisire lo studio da cima a fondo perché non avrebbero trovato nulla di quello che cercavano.

A seguito delle mie insistenza hanno preso atto delle mie dichiarazioni ed avrebbero riferito i fatti al Magistrato.

Dopo le opportune verifiche in effetti è emerso che il vero indagato e destinatario dei provvedimenti era il collega di Barcellona.

Può sembrare allucinante, ed in effetti lo è, ma mi sono trovato sottoposto ad indagini per reati di estrema gravità per il solo fatto di essere omonimo con la persona effettivamente indagata.

Un vicenda che ha dell’incredibile in quanto tutta l’inchiesta era esclusivamente documentale e bastava confrontare le date di nascita per individuare esattamente quale fosse la persona sottoposta ad indagine e destinataria dei provvedimenti dei magistrati.

Ho persino rischiato l’arresto (previsto per tali reati) e probabilmente la misura non è stata emessa perchè hanno avuto qualche occhio di riguardo per la categoria.

Ma non è finita.

Malgrado fosse chiara la mia totale estraneità e le assicurazioni fornite al mio difensore dal titolare delle indagini di una pronta archiviazione, sono rimasto iscritto nel registro degli indagati per anni tant’è che periodicamente mi arrivano avvisi vari della Procura.

Finalmente è arrivata la chiusura delle indagini preliminari e la mia posizione è stata archiviata.

Sembrava che a mio carico tutto fosse finito e proceduralmente in effetti era così.

Tuttavia per “l’altro” avv. Vincenzo Amato la procura ha chiesto il rinvio a giudizio che è stato accolto dal GUP ed il processo è in corso avanti il tribunale di Messina.

Siccome si tratta di una notizia di notevole rilievo, ciclicamente, ad ogni passaggio processuale, gli organi di stampa, i vari blog, fogli internet e forum, davano notizia della richiesta di rinvio a giudizio, dell’udienza preliminare, del rinvio a giudizio, della fissazione del processo a carico “dell’avv. Vincenzo Amato” senza ulteriore specificazione.

Capirete che chi conosce solo me, soprattutto nelle zone in cui opero di più (Gioiosa Marea, Patti, Piraino Brolo ecc.) mi identificava con il soggetto coinvolto nel processo e molti, imbarazzati o preoccupati, venivano a chiedermi allarmati (tenuto conto della gravità dei reati contestati) cose fosse successo, cosa avevo combinato ed io a spiegargli che non ero io l’imputato, che si trattava di un caso omonimia ed ogni volta a raccontare tutte le vicissitudini vissute.

Ho segnalato la problematica dell’omonimia ai vari organi di stampa invitandoli a individuare esattamente l’avvocato interessato quando davano la notizia, ho segnalato il caso alla Procura ed al Tribunale, ma senza risultati.

Pensavo che attorno alla vicenda fosse venuto meno l’interesse giornalistico e quindi non mi sono curato di intraprendere ulteriori iniziative verso gli organi di stampa affinché fossero corretti nel dare la notizia.

Invece no.

Questa mattina, 21/10/2011, mi chiama un amico e mi dice di comprare il settimanale “Centonove” in quanto c’era un articolo importante che mi riguardava, senza dirmi altro.

Ho pensato si trattasse di qualcosa riguardante la mia attività professionale, o forse l’iniziativa contro il divieto di bruciare i residui vegetali agricoli da me recentemente promossa e che in questi giorni ha trovato spazio anche sulla stampa.

Vado a comprarlo e, sorpresa delle sorprese, a pagina 8 mi trovo a leggere per l’ennesima volta che “l’avv. Vincenzo Amato” è stato rinviato giudizio perché associato a delinquere e truffatore in danno dell’INPS, facente parte di un cupola di legali che avrebbero illegittimamente incassato grosse cifre di denaro.

Confesso che mi sono parecchio incazzato, anzi mi sono incazzato come una bestia (consentitemi il termine) perchè non è possibile che ancora a distanza di 4 anni, malgrado le reiterate segnalazioni si perseveri nell’equivoco.

E’ intuibile che questa vicenda è foriera di gravissimi danni.

Se infatti il mio amico che mi ha chiamato per riferirmi la notizia ha pesato che fossi io l’avvocato accusato di reati infamanti, possono averlo pensato centinaia di altre persone che mi conoscono, con tutte le gravi conseguenza sulla mia reputazione personale e professionale.

Siccome non intendo tollerare ulteriormente tale situazione, ho deciso di rendere pubblica tutta la storia affinchè quando i cittadini dovessero leggere o sentire che “l’avv. Vincenzo Amato” è sotto processo Messina, imputato di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dell’INPS, sappiano che è quello nato a Palermo nel 1945 ed iscritto all’Albo degli avvocati di Barcellona e non quello nato a Piraino il 21/01/1961 iscritto all’albo di Patti e cioè il sottoscritto.

Mentre invito gli organi di stampa, blog e forum vari, a futura memoria, se e quando dovessero occuparsi della questione, a non persistere nel dare la notizia genericamente, ma a specificare i dati che consentano di individuare esattamente l’imputato che non è l’avv. Vincenzo Amato nato a Piraino il 21/01/1961 con studio in Patti via Marco Polo 89, iscritto all’albo degli avvocati di Patti e cioè io.

Ecco spiegata la ragione del perché all’esordio di questa nota ho scritto le mie generalità personali e professionali: non correre il rischio di commettere errori per omonimie.

Io sono per la totale libertà di stampa, ma se gli organi di stampa dovessero persistere nel dare notizie incomplete, oggettivamente lesive della mia reputazione, sarei costretto a tutelarmi nei modi opportuni.

Mentre nei confronti del Ministero della Giustizia ho dato incarico per agire per il risarcimento dei danni, che devolverò in beneficienza, in quanto il motivo non è quello di lucrare qualcosa, ma perché sia da monito al fine di evitare possibili futuri errori da parte degli inquirenti in quanto non è accettabile, ne concepibile, che per un caso di omonimia si possa sottoporre ad indagine una persona, applicargli misure cautelari, rischiando di distruggere la sua reputazione personale e professionale.

avv. Vincenzo Amato

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