I fatti vennero fuori, con l’arresto di quattro i giovani, due di Brolo, uno di Sant’Angelo di Brolo ed un rumeno – che ha una posizione giuridica marginale – accaduti tra il febbraio e il maggio 2014. Secondo l’accusa i giovani usarono violenza sessuale di gruppo su una studentessa che frequentava l’Istituto Alberghiero di Brolo. Ora compariranno, il 22 giugno prossimo davanti al Gup del Tribunale di Patti Ines Rigoli. Ma è una storia – comunque vada – tutta da chiarire e certamente triste.
Sarà l’udienza preliminare, per molti punto focale di quest’inchiesta che vede quattro giovani, due residenti a Brolo, uno di Sant’Angelo di Brolo ed un romeno, tra i 19 e i 23 anni, accusati di violenza sessuale di gruppo a far luce su una vicenda triste e per certi versi tutta da definire.
La cronaca racconta che oggetto delle attenzioni di un gruppo di ragazzi, molti di questi e diversi all’epoca dei fatti minorenni, fu una giovane, al tempo appena sedicenne che frequentava l’Alberghiero, e che ogni mattina utilizzava il treno per raggiungere la sua residenza. Un’aggravante dei fatti è lo stato pischico della studentessa, particolarmente labile.
I quattro difesi dagli avvocati Domenico Magistro, Sabrina Ligato, Decimo Lo Presti e Carmelo Occhiuto ovviamente rifiutato ogni addebito di responsabilità. Raccontano la loro versione dei fatti, si tirano fuori. Di fatto negano la violenza.
Secondo l’accusa la presunta vittima, insieme ad una coetanea, quella mattina eludendo ogni attenzione, uscirono dalla scuola, mentre c’era un’assemblea studentesca per incontrare alcuni compagni di classe e dei loro amici Poi fecero in loro compagnia un giro in macchina.
Quindi, secondo la ricostruzione svolta dai carabinieri della Compagnia di Patti e della Stazione di Brolo si sarebbero appartate, e per una di queste le attenzioni sarebbero state “pesanti” e quindi scattata la violenza. Situazione ripetutasi poi – secondo gli inquirenti – nella stessa stazione ferroviari di Brolo, dove la ragazza, lasciata dal primo gruppo, sarebbe stata raggiunta da altri due ragazzi che l’avrebbero condotta nei bagni e qui uno ne avrebbe abusato.
Fu la stessa ragazza a raccontare il tutto, prima ad una docente, poi alla dirigente ed ai genitori.
Una serie di riscontri tra i cellulari, le telecamere di sorveglianza, alcune testimonianze definirono l’arresto di tre giovani e la denuncia per uno dei quattro mentre sulla vicenda ancora indaga il tribunale dei minori di Messina stante la minore età degli altri componenti del gruppo.
Tra i vari “misteri” della storia ovviamente quello più “nero” è la questione dei bagni della stazione brolese. Luogo dove secondo il racconto avvenne la violenza, ma chiusi da anni.
Quando poi nell’agosto del 2014, venne disposta la cessazione degli arresti domiciliari – i tre erano stati arrestati il 3 maggio ed erano finiti in un primo tempo a Gazzi – il prof. Sergio Chimenz, dirigente di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, chiamato dal collegio di difesa, quale esperto, si era a lungo trattenuto sul particolare scenario della presunta violenza, anche per i ruoli avuti dalle “parti” e lo stato psicologico della giovane, ma anche i luoghi descritti nella denuncia diventano oggetto di dubbi e certezze.
Le stesse “prestazioni sessuali” non sono documentate dalle visite ginecologiche anche se questo non esclude l’insorgere della violenza psicologica al “fare”.
Di questo si occuperà il giudice
Una storia, comunque vada, triste. Proprio per le condizione della giovane.
Dove si assommano – se i fatti saranno accertati – anche le indifferenze di tanti che di giorno, in una stazione frequentata, dove non ci sono nè sottopassaggi nè aree poco agibili, con quello che era il casotto dei bagni ubicato a pochi metri dalla pensilinea\panchina destinata a chi viaggia, e dallo stesso bar, sembrano non accorgersi di nulla di anomalo.
Un aspetto sicuramente grave.
Da notare che i tre giovani, quando vennero fermati, ebbero subito e sempre, su facebook la solidarietà dei loro coetanei. Mai un atto di condanna quasi a dimostrare la loro estraneità ai fatti. Tesi a cui non crede assolutamente chi ha condotto le indagine.
Una storia che ha comunque un grande risvolto positivo: il ruolo della sua Famiglia della minorenne, davvero splendida e protettiva non giudicante ma accogliente.
Che da la certezza, a chi ha seguito il caso, che Lei non sarà – a al di la del giudizio del magistrato – mai sola.
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