Stefano Tura, Luciano Armeli Iapichino e Costantino D’Orazio, tra attualità, arte e cultura.
Oggi, martedì 27 luglio da non perdere , per la rassegna La Stanza della Seta, “l’uomo delle tartarughe” di Luciano Armeli Iapichino. Dialogheranno con l’autore Fabio Cannizzaro e Salvatore Bottari.
A seguire doppio appuntamento con il Festival “Notturno D’autore”.
Domani 28 luglio, ci sarà quello con il giornalista Stefano Tura che dialogherà con Massimo Scaffidi Militone.
Mentre giovedì 29 luglio Costantino D’Orazio presenta “Vite di artiste eccellenti”. Dialogherà con l’autore Andrea Italiano.
I tre appuntamenti si svolgeranno al Convento dei Frati Minori di Ficarra, alle ore 19,30
le schede
L’Autore: Costantino D’Orazio
Costantino D’Orazio è storico dell’arte presso la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Curatore del MACRO Museo d’Arte Contemporanea di Roma dal 2014 al 2017, attualmente lavora presso il Museo Pietro Canonica in Villa Borghese. Collabora con l’Università LUISS e l’Università LINK Campus. Conduce la rubrica AR-Frammenti d’Arte su Rainews24, partecipa ai programmi Unomattina in Famiglia su Raiuno e Geo su Raitre.
È tra gli autori di Wikiradio su Rai Radio3.
Oltre a numerosi cataloghi di mostre, ha pubblicato: È autore anche di Caravaggio segreto (Sperling & Kupfer 2013), Leonardo segreto (Sperling & Kupfer 2014), Michelangelo. Io sono fuoco. Autobiografia di un genio (Sperling & Kupfer 2016), Ma liberaci dal male (Sperling & Kupfer, 2017), Mercanti di bellezza (Rai Eri, 2017), Leonardo svelato (Sperling & Kupfer, 2019) e Vite di artiste eccellenti (Laterza, 2021).
Il libro: Vite di artiste eccellenti
Dall’antica Grecia a oggi sono moltissime le donne che hanno dipinto, scolpito, decorato. Tanti dei loro nomi sono finiti – ingiustamente – nell’oblio. È arrivato il momento di raccontare un’altra storia dell’arte.
Già nell’antica Grecia esistevano artiste donne, che hanno decorato palazzi e lasciato tracce del loro lavoro. Durante il Medioevo, per lo più considerato un periodo nel quale le donne non godevano di alcun rilievo nella società, molte opere sono nate grazie alla manualità femminile, che si poteva esprimere soprattutto nei conventi.
L’esplosione dell’arte al femminile risale però al Rinascimento, quando alcune artiste sono arrivate a occupare posti di rilievo nelle corti più prestigiose d’Europa godendo di una fama pari ai propri colleghi uomini.
Bisogna attendere la fine dell’Ottocento per vedere alcune artiste esporre nelle mostre accanto a pittori uomini: spesso si tratta di compagne di artisti famosi, altre volte di donne capaci di imporre la propria personalità oltre al proprio talento.
Sono le apripista di un fenomeno che nel corso del XX secolo diventerà inarrestabile: le artiste firmeranno i manifesti delle avanguardie storiche e saranno sempre più protagoniste, finché nella seconda parte del secolo supereranno i propri colleghi in quanto a fama e quotazioni sul mercato. Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori è il titolo della celeberrima opera di Giorgio Vasari che, nel Rinascimento, ha costituito un vero e proprio canone.
Oggi Costantino D’Orazio rende onore alle tante ‘eccellenti artiste’ di cui i canoni si sono troppo spesso dimenticati.
Stefano Tura ha iniziato la sua carriera al quotidiano Il Resto del Carlino occupandosi di cronaca nera.
Nel 1989 è stato assunto in Rai. Fino al 1997 ha lavorato alla sede Rai dell’Emilia-Romagna. In quegli anni ha seguito, tra le altre cose, il processo per la strage del 2 agosto 1980 e tutta la vicenda della Banda della Uno bianca.
Trasferitosi a Roma nel 1998 al Tg1, ha continuato ad occuparsi di cronaca, firmando inchieste importanti come il sequestro Soffiantini (1998), gli omicidi di mafia e camorra, le vicende dei serial killer Gianfranco Stevanin (1998) e Donato Bilancia (1999), il mistero della famiglia Carretta (1999), l’alluvione di Sarno e Quindici del 1998.
Passato alla redazione esteri, è stato inviato di guerra nei conflitti del Kosovo (1999), Afghanistan (2001), Iraq (2003),Sudan (2004) e ha seguito eventi internazionali come il processo di Abdullah Öcalan in Turchia (1999), il terrorismo internazionale nei paesi balcanici e medio-orientali (2000-2001), il traffico di organi in Brasile e paesi dell’est europeo (2001), le adozioni illegali in Romania e nell’ex Unione Sovietica, i ribelli islamici di Abu Sayyaf nelle isole Filippine (2002), la tratta dei minori in Kosovo (2002), lo sfruttamento della prostituzione nei paesi europei (2003), gli attentati di al-Qāʿida in Turchia (2003) e Spagna (2004), le indagini su Al Zarqawi (2004), l’allerta-terrorismo alle Olimpiadi di Atene (2004), le elezioni spagnole e americane (2004), la crisi umanitaria nel Darfur (2005), la rivolta di Addis Abeba (2005).
Nel gennaio del 2006 è stato nominato corrispondente da Londra, città dove vive tuttora, alternandosi a Marco Varvello nei reportage dalla capitale britannica.
Vive a Londra, ed è corrispondente della Rai per il Regno Unito, dal 2006.
Come autore di gialli e noir, ha scritto Il killer delle ballerine, Non spegnere la luce, Arriveranno i fiori del sangue, finalista nei premi Fedeli e Scerbanenco, e Tu sei il prossimo, con il quale ha vinto i premi Romiti e Serantini e si è classificato al terzo posto nel concorso letterario Azzeccagarbugli.
Il killer delle Ballerine
Il primo romanzo di Stefano Tura e il sequel inedito in un unico thriller.
Il killer delle ballerine: Rimini, anni ’90. Fabrizio Dentice è un pericoloso psicopatico, condannato e rinchiuso in un manicomio per l’omicidio di cinque cubiste. Ma il verdetto non convince Luca Rambaldi, giovane giornalista di provincia e fidanzato di una delle ragazze orrendamente assassinate. Tanto più che i brutali delitti riprendono.
E così Luca, aiutato da Carmen, un’intraprendente e coraggiosa ragazza, e da Samantha, transgender che sembra conoscere tutti i segreti della vita dei locali notturni della riviera, mette in atto una personale indagine per dare un volto allo spietato serial-killer.
Fino a scoprire una perversa e sconvolgente verità.
L’ultimo ballo: Rimini, 20 anni dopo. La riviera romagnola ha cambiato completamente volto, molte delle discoteche hanno chiuso, alcune sono state addirittura abbattute.
È un mondo dominato dalla “rete”, dagli smartphone, dai social network, un mondo in cui il livello di discriminazione e violenza è aumentato esponenzialmente.
E quando due terribili delitti sconvolgono la notte riminese, riaffiorano paure mai superate e incubi che sembravano appartenere al passato.
I sopravvissuti alla vicenda di 20 anni prima si rendono subito conto dell’agghiacciante realtà: il killer delle ballerine è tornato.
Stefano Tura si muove tra presente e passato sfumando i confini e reinterpreta in chiave contemporanea uno dei disegni criminosi più efferati della storia, portando Jack lo Squartatore alla Londra di oggi e rendendolo ancora più crudele e affamato.
Derrick Brainblee è un ottimo poliziotto, accurato, affidabile, ha un fiuto che molti nel dipartimento gli invidiano. Negli ultimi tempi, però, i blackout che lo perseguitano da quando aveva venticinque anni stanno diventando sempre più frequenti e dolorosi, facendogli temere una sospensione dal lavoro, la sua unica ragione di vita. Un giorno, riprendendo coscienza dall’onda nera che lo ha avvolto, vede sul suo profilo Instagram un’immagine scioccante: una donna barbaramente uccisa, la gola squarciata, accompagnata dall’hashtag # jib .
Pochi istanti dopo la foto è scomparsa, ma per Brainblee quello è solo il primo tassello di una strada lastricata di terrore. Anche perché a ogni risveglio nella sua mente sono impresse immagini raccapriccianti e il suo corpo porta i segni dello scontro. Ma di ciò che abbia fatto in quei momenti non gli resta alcun ricordo.
Le indagini di Derrick si intrecciano alle vite di una moltitudine di personaggi, da una detective apparentemente infallibile a una giovane studentessa appassionata di delitti dell’epoca vittoriana, da un giovane sadico appartenente alla più alta nobiltà a un esperto di criminologia.
Sono tutti attori di uno spettacolo che cela una realtà terribile: c’è un killer tra le strade di Londra che vuole mostrare ogni sua mossa.
Perché non c’è gusto nell’uccidere, se non c’è un pubblico a guardare.
L’Autore
Armeli Iapichino Luciano, scrittore siciliano e docente di Filosofia e storia. Conseguite la lauree in Filosofia e in Scienze Storiche: società, culture e Istituzioni d’Europa, approfondisce da un decennio tematiche di criminalità (e non solo) legate alla sua Sicilia. Collabora con la testata giornalistica Antimafia Duemila. Informazioni su Cosa Nostra e organizzazioni criminali connesse. Ha precedentemente pubblicato: Il tiranno e l’ignoranza (2009); Le vene violate. Dialogo con l’urologo siciliano ucciso non solo dalla mafia (2011); L’uomo di Al Capone. Tony Lombardo dall’indigenza siciliana a zar del crimine nella Chicago anni ’20 (2014); Nino Ferraù. Un intellettuale. La sua anima. La sua epoca – a cura di – (2015); Semantica di un sentimento. Viaggio nelle terre dell’amore (2016); Lucido delirio. Riflessioni socio-esistenziali alla luce del pensiero divergente (2020), I viceré delle agromafie (2021). Ha ricevuto per la sua attività di scrittore il Premio Internazionale Letterario e Artistico Elio Vittorini (2010); Il premio OMCOM (Osservatorio Mediterraneo sulla Criminalità organizzata e le Mafie) quale scrittore scomodo (2019); il premio Antonello da Messina (2019). È componente della Commissione Cultura della Fondazione Caponnetto in Firenze.
Descrizione
Per ripercorrere la tormentata storia del popolo ebraico nel corso del Novecento, passata attraverso la tragedia della Shoah, con particolare attenzione alle modalità di edificazione e difesa dello Stato d’Israele, ai suoi leader più significativi (David Ben Gurion, Menachem Begin, Golda Meir, Yitzhak Rabin, Simon Peres, Ariel Sharon, Benjamin Netanyahu), ai processi identitari che ne hanno accompagnato l’evoluzione, risulta di estrema utilità la lettura di questo volume.
Ne scaturisce l’intensa testimonianza di Massimo Longo Adorno che, sotto forma di dialogo abilmente stimolato dalle domande dello scrittore Luciano Armeli Iapichino, si stempera in pagine di lucida analisi di taglio storico e geopolitico, di velata nostalgia laddove si lascia andare ai ricordi familiari e delle esperienze adolescenziali nel kibbutz, sino ad aprirsi al racconto di aspetti e curiosità inerenti alla realtà israeliana dei nostri giorni. Al di là dell’indubbio interesse che il testo riveste per la comprensione di alcuni percorsi del sionismo, possiamo considerarlo come una profonda dichiarazione d’amore nei confronti d’Israele da parte di chi si è sentito, nel corso della propria vita, investito di una missione iniziata da un illustre avo, maturata e portata avanti con passione civile e coerenza, all’insegna di quegli ideali.