ZIO & NIPOTE – Quanno ce vò, ce vò! L’Ordine dei Giornalisti bacchetta Navarra
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ZIO & NIPOTE – Quanno ce vò, ce vò! L’Ordine dei Giornalisti bacchetta Navarra

Al candidato Pd Navarra: quelle “querele preventive” non fanno onore. Nessuno può pensare di rompere il patto tra il giornalista e i lettori, che hanno il diritto di conoscere a fondo fatti, cose e persone.

 

 

 

E’ un vespaio, dopo le dichiarazioni di ieri esternate dal rettore dell’Università di Messina Pietro Navarra, da oggiufficialmente in corsa alla Camera per il PD, relativamente alla pubblicazione di notizie inerenti il passato della sua famiglia.

L’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, pur condividendo la legittima pretesa del professor Navarra di tutelare il proprio buon nome e la propria onorabilità, non può che stigmatizzare e condannare il tono di alcune affermazioni.

In particolare, riteniamo grave il passaggio nel quale il rettore avvisa le testate giornalistiche che decidessero di pubblicare asserzioni altrui sulle sue vicende familiari, avvertendo che presenterà “querela contro chi rilascerà dichiarazioni di questo tipo e nei confronti delle testate che daranno spazio a simili considerazioni”.

Dopo le querele temerarie eccoci davanti a un altro spettro, quelle delle querele preventive, ovvero la minaccia di azioni legali ancor prima che vengano riportati fatti.

La libertà di stampa, esercitata nel rispetto delle regole e delle norme di legge, è inviolabile e non può essere limitata da esigenze personali.

Come Ordine dei Giornalisti di Sicilia, garantiamo e continueremo a garantire la tutela della rispettabilità altrui e a vigilare sulla veridicità delle notizie pubblicate, ma ribadiamo ancora una volta che nessuno può pensare di rompere il patto tra il giornalista e i lettori, che hanno il diritto di conoscere a fondo fatti, cose e persone.

Quindi occhio a dire che è nipote di suo zio, forse all’anagrafe lo è ma se lo scrivono i giornali parte la querela. Bho!

 

Tutto parte dalla nota firmata dal rettore Navarra, oggi candidato “blindando” da Renzi un posto nell’uninominale nel collegio di Messina per la Camera dei Deputati, è stata recapitata a tutte le redazioni giornalistiche siciliane.

Questo per bloccare il dire  dell’ex Governatore Rosario Crocetta, che sbottando, alla sua maniera, contro Renzi diceva “Renzi ha preferito schierare il rettore Navarra, nipote del capomafia di Corleone. Quelli ormai sono i riferimenti del PD”.

Navarra  più che rispondere a Crocetta, ha pensato di mettere il vero, ed il bavaglio ai giornalisti di parlare dell’argomento.

Ecco infatti cosa scrive:

“Noto con rammarico che, addirittura prima ancora dell’inizio della campagna elettorale, personaggi protagonisti del recente passato politico hanno rilasciato dichiarazioni infamanti nei miei confronti, con riferimento alla vicenda che vide coinvolto mio zio.

Affermazioni ingiuriose, rilanciate da alcuni organi di stampa – scrive Navarra –  Premetto che la mia posizione su questo argomento è ben nota da tempo: si parla di persone morte prima della mia nascita e ogni collegamento non può che rappresentare una volgare strumentalizzazione.

Non sono, però, disposto a tollerare ulteriori attacchi su tali temi.

Con estrema chiarezza, pertanto, puntualizzo che presenterò querela contro chi rilascerà dichiarazioni di questo tipo e nei confronti delle testate che daranno spazio a simili considerazioni”.

Considerazioni sacrosante, nessuno può accostarlo alle vicende dello zio. Il boss corleonese è stato assassinato il 2 agosto 1958, quindi prima che Pietro Navarra nascesse. Questa è storia come quella che lo rammenta come il più giovane rettore d’Italia  – eletto nel 2013 –  e figlio di Salvatore – tra i “baroni” dell’ateneo messinese – fratello quest’ultimo dello storico capomafia corleonese Michele Navarra, ma che nulla aveva a che spartire con questi per storie e venture.

Michele Navarra, uomo di  mafia ha la sua storia che passa per l’omicidio di Placido Rizzotto.

Ma le prese di distanza si possono sempre fare, e Navarra ha fatto la sua anche con queste dichirazioni. Del resto Peppino Impastato era figlio di un mafioso, ma questo non ha impedito che divenisse un simbolo della lotta alla mafia.

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Ma caro Rettore, oggi le parole al fiele e veleno, possono arrivare dalla politica non dai giornalisti.

I giornalisti devono poter scrivere e riportare le dichiarazioni di tutti.

Omettere è disonesto, e poi a chi servirebbe?

Cambi strategia di comunicazione. Questa non le serve.

 

30 Gennaio 2018

Autore:

redazione


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